Buone feste a tutti!
Tuesday, December 11, 2007
Friday, December 7, 2007
Mike Huckabee in his own words
Via Club for Growth, Mike Huckabee in his own words.
Ps.
Questo non e' un semplice video su You Tube, ma un vero e proprio spot che sta andando in onda in Iowa, South Carolina e a livello nazionale su Fox News.
A proposito di Huckabee e Club for Growth check The Right Nation out.
Ps.
Questo non e' un semplice video su You Tube, ma un vero e proprio spot che sta andando in onda in Iowa, South Carolina e a livello nazionale su Fox News.
A proposito di Huckabee e Club for Growth check The Right Nation out.
Thursday, December 6, 2007
Fede e flatule
Mentre erano alla ricerca della trascrizione del discorso piu' atteso di Mitt Romney, "Faith in America", gli occhiali di Giulia sono stati catturati dalla flatulent news.
Insomma nel giorno in cui il governatore ha partorito quello che Pat Buchanan ha definito "un discorso magnifico", parlando non solo di liberta' e tolleranza religiosa negli Stati Uniti ma andando a fugare i dubbi di chi, per la sua fede, storceva un po' il naso (Romney e' mormone) con parole tipo "se avro' la fortuna di diventare il vostro presidente, non rispondero' ad una fede, ad un gruppo, ad una causa o un interesse. Un presidente deve servire solo la causa comune del popolo degli Stati Uniti" ... Fox News informava i suoi lettori che le puzzette dei canguri australiani non sono nocive all'ambiente a differenza di quelle ovine e bovine. Gli scienziati, insomma, starebbero studiando il modo per far scoreggiare gli erbivori in a green way, diminuendo cosi' una tra le cause del riscaldamento globale del pianeta.
Ora, per carita', d'accordo che ogni occasione e' buona per parlare di Global Warming: ma si possono mettere vicine la fede e le scorese?
Rudy Giuliani -- in 'One Hour'
“I remember back to the 1970s and the early 1980s. Iranian mullahs took American hostages and they held the American hostages for 444 days.”
“And they released the American hostages in one hour, and that should tell us a lot about these Islamic terrorists that we’re facing.”
“The one hour in which they released them was the one hour in which Ronald Reagan was taking the Oath of Office as President of the United States.”
“The best way you deal with dictators, the best way you deal with tyrants and terrorists, you stand up to them. You don’t back down.”
The Huckabee Contradiction
Ovvero il Wall Street Journal che massacra il cavallo di battaglia di Mike Huckabee: la fair tax.
Tuesday, December 4, 2007
Friday, November 30, 2007
Given Muslim sensitivities...
"Vista la sensibilita' dei mussulmani, l'insegnante inglese che in Sudan ha dato il nome di Maometto all'orsacchiotto di peluche della classe, ha sbagliato?" Questa e' la domanda che il sondaggio del Time online propone oggi ai suoi lettori.
Domanda deficente.
Perche' se dovessimo dare retta alla sensibilita' di certi mussulmani, tutte le donne indosserebbero il burqua, gli uomini dovrebbero pregare almeno 5 volte al giorno, i bambini si chiamerebbero Osama o Mohamed eccetera, eccetera.
Il mondo, insomma, sarebbe "un unico, grande califfato".
Consiglio per il prossimo sondaggio: "given Muslim sensitivities, should gays and lesbians be hanged or stoned?
Domanda deficente.
Perche' se dovessimo dare retta alla sensibilita' di certi mussulmani, tutte le donne indosserebbero il burqua, gli uomini dovrebbero pregare almeno 5 volte al giorno, i bambini si chiamerebbero Osama o Mohamed eccetera, eccetera.
Il mondo, insomma, sarebbe "un unico, grande califfato".
Consiglio per il prossimo sondaggio: "given Muslim sensitivities, should gays and lesbians be hanged or stoned?
Thursday, November 29, 2007
Rudy's promise: i democrati alzeranno le tasse
“When I became Mayor of New York City things were out of control.”
“I lowered taxes.”
“I reduced the growth of government.”
“Made government more accountable.”
“And New York City boomed.”
“I would do these things for America because I know they work.”
“I know that reducing taxes produces more revenues.”
“Democrats don’t know that. They don’t believe it.”
“Hillary Clinton, Barack Obama, John Edwards, here’s a promise I assure you they will keep. They are making the promise to raise taxes.”
“The only thing I can tell you in addition to that is they will raise taxes even more than they promise.”
Sunday, November 25, 2007
Not so sure, but pretty sure!
Per avere, con assoluta certezza, il nome del prossimo candidato repubblicano alle presidenziali del 2008, dovremo aspettare il 4 settembre. Le ragioni per le quali qui si crede che sara’ proprio Rudolph Giuliani a vincere la nomination e a bastonare l’asinella (al di la’ ovviamente di una evidente e spudoratissima preferenza personale) sono legate all’indiscusso successo che l’ex sindaco di New York riscuote nationwide.
Il fatto che Giuliani sia, leggendo i sondaggi, al secondo posto negli stati che a gennaio voteranno i primi delegati e dove storicamente si comincia a delineare lo scenario vero e proprio, non dovrebbe preoccupare poiche’ frutto di una tattica diversa: vincere nei grandi stati a febbraio aggiudicandosi un numero maggiore di delegati.
A differenza delle elezioni del 2004 infatti, sono stati molti gli stati che hanno anticipato la data di caucuses e primarie. La Florida ad esempio, roccaforte di Giuliani vuoi anche il numero di ex newyorkesi che ci abitano, votera’ il 29 gennaio (nel 2004 si voto’ in marzo). Essendo il quarto stato piu’ popoloso degli Stati Uniti contera’ moltissimi delegati. Sette giorni piu’ tardi - con un mese di anticipo rispetto alle scorse presidenziali - sara’ la volta del Super Tuesday, rinominato per l’occasione Super Duper Tuesday o Mega Tuesday proprio perche’ gli stati che voteranno saranno il doppio di quelli che hanno votato nel marzo del 2004. Il numero totale dei delegati che verranno scelti martedi’ 5 febbraio 2008 e’ impressionante (circa 1000) ed in molti di questi stati Rudy Giuliani sembra essere in notevole vantaggio. Vedi la California che con New York eleggera' un totale di circa 250 delegati.
Nell’ultimo sondaggio condotto da Washington Post – ABC News in Iowa (caucus il prossimo 3 gennaio) Giuliani continua ad essere considerato dagli intervistati -a prescindere da singole preferenze personali - il leader piu’ forte e il candidato che ha la migliore probabilita’ di essere eletto presidente nel novembre del 2008.
Per questo I’m not so sure, but pretty sure.
Il fatto che Giuliani sia, leggendo i sondaggi, al secondo posto negli stati che a gennaio voteranno i primi delegati e dove storicamente si comincia a delineare lo scenario vero e proprio, non dovrebbe preoccupare poiche’ frutto di una tattica diversa: vincere nei grandi stati a febbraio aggiudicandosi un numero maggiore di delegati.
A differenza delle elezioni del 2004 infatti, sono stati molti gli stati che hanno anticipato la data di caucuses e primarie. La Florida ad esempio, roccaforte di Giuliani vuoi anche il numero di ex newyorkesi che ci abitano, votera’ il 29 gennaio (nel 2004 si voto’ in marzo). Essendo il quarto stato piu’ popoloso degli Stati Uniti contera’ moltissimi delegati. Sette giorni piu’ tardi - con un mese di anticipo rispetto alle scorse presidenziali - sara’ la volta del Super Tuesday, rinominato per l’occasione Super Duper Tuesday o Mega Tuesday proprio perche’ gli stati che voteranno saranno il doppio di quelli che hanno votato nel marzo del 2004. Il numero totale dei delegati che verranno scelti martedi’ 5 febbraio 2008 e’ impressionante (circa 1000) ed in molti di questi stati Rudy Giuliani sembra essere in notevole vantaggio. Vedi la California che con New York eleggera' un totale di circa 250 delegati.
Nell’ultimo sondaggio condotto da Washington Post – ABC News in Iowa (caucus il prossimo 3 gennaio) Giuliani continua ad essere considerato dagli intervistati -a prescindere da singole preferenze personali - il leader piu’ forte e il candidato che ha la migliore probabilita’ di essere eletto presidente nel novembre del 2008.
Per questo I’m not so sure, but pretty sure.
Friday, November 23, 2007
Clinton's Hypocrisy
Avete presente la candidata di quelli che dicono che tutte le culture sono ugualmente rispettabili?
Che non dobbiamo esportare i nostri valori?
Che i soldati degli Stati Uniti non dovevano mettere piede in Iraq?
Insomma, avete presente Hillary Clinton?
Ha appena dichiarato guerra alla sharia.
"The latest example is the punishment of 200 lashes that a Saudi Arabian court has given to a victim -- the victim -- of a gang rape. This is an outrage. The Bush administration has refused to condemn the sentence and said it will not protest an internal Saudi decision. I urge President Bush to call on King Abdullah to cancel the ruling and drop all charges against this woman. As President I will once again make human rights an American priority around the world."
Solita domanda: chi è più credibile, quella che un giorno critica Bush per la missione in Iraq e quello dopo promette di esportare in tutto il mondo la visione americana dei diritti dell'uomo, o Rudolph Giuliani?
Che non dobbiamo esportare i nostri valori?
Che i soldati degli Stati Uniti non dovevano mettere piede in Iraq?
Insomma, avete presente Hillary Clinton?
Ha appena dichiarato guerra alla sharia.
"The latest example is the punishment of 200 lashes that a Saudi Arabian court has given to a victim -- the victim -- of a gang rape. This is an outrage. The Bush administration has refused to condemn the sentence and said it will not protest an internal Saudi decision. I urge President Bush to call on King Abdullah to cancel the ruling and drop all charges against this woman. As President I will once again make human rights an American priority around the world."
Solita domanda: chi è più credibile, quella che un giorno critica Bush per la missione in Iraq e quello dopo promette di esportare in tutto il mondo la visione americana dei diritti dell'uomo, o Rudolph Giuliani?
Wednesday, November 21, 2007
Rudy delivered
“The world’s 17th largest economy. Swimming in red ink. Record crime. Runaway taxes. A million on welfare.”
“That was New York. Until Rudy.”
“He cut taxes 9 billion. Welfare 60 percent. Crime in half.”
“The most successful conservative turnaround in 50 years.”
“In America’s most liberal city, Rudy delivered. And he can do it again, in a place called Washington, D.C.”
Monday, November 19, 2007
The blonde effect
Gli uomini preferiscono le bionde? Vero, ma solo in parte. Tim Russert nota, ad esempio, come gli elettori 'indipendenti' voterebbero più volentieri Rudy Giuliani piuttosto che Hillary Clinton.
Friday, November 16, 2007
Piccole precisazioni tra amici (del nucleare)
Sempre per bocca del capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli ( via Tg2- ‘Punto di vista’ del 13 novembre), apprendiamo che «gli Stati Uniti è dal 1978 che non costruiscono una centrale nucleare perché è un’energia molto costosa e molto pericolosa.»
Infatti seguendo il programma Nuclear Power 2010, presentato nel 2002 dall’allora Ministro dell’Energia Spencer Abraham, sono stati avanzati progetti per la costruzione di circa 30 nuovi impianti, alcuni dei quali hanno già ricevuto le prime approvazioni.
H/T my bf Vittoria
Infatti seguendo il programma Nuclear Power 2010, presentato nel 2002 dall’allora Ministro dell’Energia Spencer Abraham, sono stati avanzati progetti per la costruzione di circa 30 nuovi impianti, alcuni dei quali hanno già ricevuto le prime approvazioni.
H/T my bf Vittoria
Wednesday, November 14, 2007
Tested - Rudy Giuliani: fatti non parole
"New York City is the 3rd or 4th largest government in the country. It’s one of the largest economies in the United States. They used to call it unmanageable, ungovernable. A large majority of New Yorkers wanted to leave and live somewhere else . It was a city that was in financial crisis. A city that was the crime capital of America. A city that was the welfare capital of America. A city that was in very, very difficult condition when I became the Mayor. By the time I left office, New York City was being proclaimed as the best example of conservative government in the country. We turned it into the safest large city in America. The welfare to work capital of America. And most importantly, the spirit of the people of the city had changed. Instead of being hopeless, the large majority of people had hope."
"So, I believe I’ve been tested in a way in which the American people can look to me. They’re not going to find perfection, but they’re going to find somebody who has dealt with crisis almost on a regular basis and has had results. And in many cases exceptional results. Results people thought weren’t possible."
Tuesday, November 13, 2007
Il 'professionalismo' del Corriere
Il motto della polizia di New York "Courtesy, Professionalism, Respect" ci viene ricordato oggi dal Corriere. Lo "slogan, ancora oggi affisso a caratteri cubitali sulla portiera delle volanti della polizia: «Cortesia, professionalismo e rispetto».
Che fine ha fatto la professionalita'?
Monday, November 12, 2007
Guardian: Blair isn't to blame for Islamist terror
Quello che non ti aspetteresti mai di leggere sulla versione domenicale del Guardian, The Observer. Ovvero un articolo scritto da un deputato eletto nel file del partito laburista inglese, Denis MacShane, che senza tanti giri di parole sostiene che "una delle menzogne piu' ricorrenti nell'attuale dibattito sul terrorismo islamico e' che sia tutta colpa di George Bush e Tony Blair".
Nella sua analisi, controcorrente rispetto alla sinistra inglese ed europea, ricorda il massacro di Luxor nel 1997, l'attentato alla metropolitana parigina del 1995 e l'assassinio del Presidente egiziano Anwar Al Sadat. Fatti avvenuti prima dell'arrivo di Blair ma soprattutto non riconducibili all'attuale guerra in Iraq.
MacShane cita un report appena pubblicato nel quale viene svelato il materiale disponibile nelle moschee, nelle scuole e nelle librerie mussulmane in Inghilterra. Materiale che "rivela una miscela di antisemitismo, misoginia e omofobia" si legge nell'articolo. La risposta data dal Muslim Council of Britain in proposito, e' stata quella di attaccare la ricerca invece di chiedere alle moschee, come sottolinea il deputato, "di svuotare gli scaffali".
Per MacShane e' chiara una cosa sola. Fino a che continuara' a circolare materiale come quello descritto nella ricerca, ma soprattutto fino a quando non saranno gli stessi mussulmani a contestare il terrorismo, l'antisemitismo, la misoginia e l'omofobia a Riyadh, Cairo, Qatar e Teheran, la nascita di una politica islamica democratica ed europea, sara' sempre piu' difficile.
Nella sua analisi, controcorrente rispetto alla sinistra inglese ed europea, ricorda il massacro di Luxor nel 1997, l'attentato alla metropolitana parigina del 1995 e l'assassinio del Presidente egiziano Anwar Al Sadat. Fatti avvenuti prima dell'arrivo di Blair ma soprattutto non riconducibili all'attuale guerra in Iraq.
MacShane cita un report appena pubblicato nel quale viene svelato il materiale disponibile nelle moschee, nelle scuole e nelle librerie mussulmane in Inghilterra. Materiale che "rivela una miscela di antisemitismo, misoginia e omofobia" si legge nell'articolo. La risposta data dal Muslim Council of Britain in proposito, e' stata quella di attaccare la ricerca invece di chiedere alle moschee, come sottolinea il deputato, "di svuotare gli scaffali".
Per MacShane e' chiara una cosa sola. Fino a che continuara' a circolare materiale come quello descritto nella ricerca, ma soprattutto fino a quando non saranno gli stessi mussulmani a contestare il terrorismo, l'antisemitismo, la misoginia e l'omofobia a Riyadh, Cairo, Qatar e Teheran, la nascita di una politica islamica democratica ed europea, sara' sempre piu' difficile.
Saturday, November 10, 2007
Verdi e nucleare: delirio puro
"Senza dimenticare che questo tipo di energia implica per forze di cose la costruzione della bomba atomica".
Parola del capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli.
Delirio puro.
Parola del capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli.
Delirio puro.
Friday, November 9, 2007
A proposito di censura e di Gentiloni
Chi la fa l'aspetti, dice il proverbio. E chi posta aspetti i commenti, dico io.
Paolo Gentiloni, Ministro delle Comunicazioni, ha usato l'onda emotiva per la scomparsa di Enzo Biagi per scaricare la solita vagonata di letame su Silvio Berlusconi.
"Dopo la morte di Enzo Biagi, Berlusconi ha negato l'esistenza dell'editto bulgaro.Ve lo ripropongo qui, affinchè quella pagina vergognosa non sia dimenticata" leggiamo oggi sul sito del Ministro.
Per lettori ed elettori pero', il post ha il sapore di minestrina riscaldata.
Qui sotto un copia/incolla dei migliori commenti, prima che l'insidacabile giudizio del proprietario del blog decida di cancellarli.
OLBRUZIO scrive "GENTILONUCCIO MINISTRO DER PIACIONE, FAI BENE A DIFENDERE BIAGI, PERO' TE E I TUOI AMICHETTI AVETE FATTO UN BELL'EDITTO BULGARO CONTRO I BLOG, GIA' TE NE SEI DIMENTICATO CARO??"
Elettore di Sinistra sottolinea "Fa bene a ricordare questo spiacevole ricordo riguardante il precedente Presidente del Consiglio... Le chiedo però una cortesia: affinchè tutto questo non possa più ripetersi in futuro, provveda a levare le mani della politica dalla TV di stato..."
Killeader si domanda "Signor ministro, mi scusi, ma lei cosa sta facendo perché non accada piu'? E cosa ha fatto fino ad oggi? Il conflitto di interesse? Rete quattro? Il Wi-Max? Sono concetti che dovrebbe affrontare ogni giorno, come mai non la sentiamo mai parlarne, se non su richiesta della iena di turno?"
Rocco Sergi chiede che alle parole seguano i fatti. "Sono completamente d'accordo con lei. L'editto bulgaro c'è stato. Noi cittadini possiamo solo ricordarlo, lei in qualità di ministro potrebbe fare qualcosa di più. [...] Tutti noi cittadini saremmo più contenti e soprattutto meno frustrati se voi che siete al governo vi adoperaste affinchè diritti e libertà fossero garantiti a tutti."
Emanuele Menis, cordialmente, "...complimenti per la sua vis giornalistica ma le ricordo che lei è il ministro delle telecomunicazioni e sarebbe bene che lei parlasse con le leggi o le proposte di legge. [...]Al lavoro caro ministro: è finito il tempo dei convegni. E' ora di fare qualcosa. Il tempo sta passando ".
Paolo Gentiloni, Ministro delle Comunicazioni, ha usato l'onda emotiva per la scomparsa di Enzo Biagi per scaricare la solita vagonata di letame su Silvio Berlusconi.
"Dopo la morte di Enzo Biagi, Berlusconi ha negato l'esistenza dell'editto bulgaro.Ve lo ripropongo qui, affinchè quella pagina vergognosa non sia dimenticata" leggiamo oggi sul sito del Ministro.
Per lettori ed elettori pero', il post ha il sapore di minestrina riscaldata.
Qui sotto un copia/incolla dei migliori commenti, prima che l'insidacabile giudizio del proprietario del blog decida di cancellarli.
OLBRUZIO scrive "GENTILONUCCIO MINISTRO DER PIACIONE, FAI BENE A DIFENDERE BIAGI, PERO' TE E I TUOI AMICHETTI AVETE FATTO UN BELL'EDITTO BULGARO CONTRO I BLOG, GIA' TE NE SEI DIMENTICATO CARO??"
Elettore di Sinistra sottolinea "Fa bene a ricordare questo spiacevole ricordo riguardante il precedente Presidente del Consiglio... Le chiedo però una cortesia: affinchè tutto questo non possa più ripetersi in futuro, provveda a levare le mani della politica dalla TV di stato..."
Killeader si domanda "Signor ministro, mi scusi, ma lei cosa sta facendo perché non accada piu'? E cosa ha fatto fino ad oggi? Il conflitto di interesse? Rete quattro? Il Wi-Max? Sono concetti che dovrebbe affrontare ogni giorno, come mai non la sentiamo mai parlarne, se non su richiesta della iena di turno?"
Rocco Sergi chiede che alle parole seguano i fatti. "Sono completamente d'accordo con lei. L'editto bulgaro c'è stato. Noi cittadini possiamo solo ricordarlo, lei in qualità di ministro potrebbe fare qualcosa di più. [...] Tutti noi cittadini saremmo più contenti e soprattutto meno frustrati se voi che siete al governo vi adoperaste affinchè diritti e libertà fossero garantiti a tutti."
Emanuele Menis, cordialmente, "...complimenti per la sua vis giornalistica ma le ricordo che lei è il ministro delle telecomunicazioni e sarebbe bene che lei parlasse con le leggi o le proposte di legge. [...]Al lavoro caro ministro: è finito il tempo dei convegni. E' ora di fare qualcosa. Il tempo sta passando ".
Thursday, November 8, 2007
Give me a break - global warming
Sull'articolo con il quale John Coleman, fondatore di The Weather Channel, ha detto la sua sul Global Warming hanno scritto il Mango di Treviso e The Right Nation. Qui sotto trovate il video della ABC citato nell'articolo che, secondo Coleman, e' stato l'unico servizio televisivo a dare una versione diversa della faccenda: piu' realista e meno catastrofista.
Wednesday, November 7, 2007
Si era gia' detto tutto da solo
Pippo Baudo, aprile 2006, dopo che Silvio Berlusconi ha definito "coglioni" quelli che voteranno per la sinistra: «E allora andiamo tutti a votare come tanti coglioni».
Pippo Baudo, novembre 2007, dopo che la sinistra ha annunciato che intende mettere un tetto agli stipendi Rai: «Sono veterocomunisti, irresponsabili. Il calmiere sa di dittatura, di paese non libero».
Niente da aggiungere, si era gia' detto tutto da solo.
Pippo Baudo, novembre 2007, dopo che la sinistra ha annunciato che intende mettere un tetto agli stipendi Rai: «Sono veterocomunisti, irresponsabili. Il calmiere sa di dittatura, di paese non libero».
Niente da aggiungere, si era gia' detto tutto da solo.
Friday, November 2, 2007
Quello che i Clinton non dicono
Triste, anzi tristissima la mail mandata ieri da Patti Solis Doyle, manager della campagna elettorale di Hillary Clinton. Criticando gli attacchi alla senatrice nel corso dell'ultimo dibattito, ma anche i commenti sulla stampa americana, la Doyle ci ha ricordato che Hillary "e' una donna forte. Ne e' venuta fuori bene". Ma "avra' bisogno"dell'aiuto dei suoi sostenitori. Non e' una novita' che le campagne elettorali siano caratterizzate da colpi bassi, attacchi personali o familiari (basta ricordare i commenti su Rudy Giuliani e sua figlia, Caroline, pro Obama). Soprattutto non si puo' avere la pretesa, come sembrano fare al quartier generale di Hillary for President, di essere sopra ogni critica e di giocare la carta del 'sesso debole' quando le cose sembrano mettersi male. Se fosse stata uomo e non donna, avremmo mai letto qualcosa che ci andava a rassicurare sulla sua presunta "forza"?
"Grazie per essere vicino a Hillary in questo momento critico dellasua campagna" si legge a conclusione del messaggio. Per i sostenitori della senatrice, forse, sarebbe stato meglio che rispondesse, anche sei in ritardo, a tutte le domande davanti alle quali e' fuggita durante i confronti televisivi. Ad esempio, riguardo alla proposta del governatore di New York Sptizer di dare la patente agli immigrati irregolari. Hillary Clinton e' favorevole o contraria? Nessuno lo ha capito. E ancora sulla spesa sociale: prima ha detto di non approvare e non supportare l'idea diincrementare le tasse, ma poi ha fatto sapere che l'ipotesi (di un aumento delle imposte) sarebbe comunque da prendere "in considerazione". Cosa vuole fare la senatrice, aumentare le tasse o no? Da Presidente degli Stati Uniti, e' pronta ad impegnarsi con il popolo americano affinche' l'Iran non sviluppi armi nucleari? Si o no?
A tutte queste domande Hillary Clinton ha dato risposte diverse o ambigue. Tanto da far scrivere agli editorialisti americani che è tornato il "Clintonesque", l'imbarazzante linguaggio di suo marito Bill, che pur di non rispondere alle domande piu' difficili ricorreva a sofismi tipo:
"It depends on what the meaning of the words 'is' is." [Bill Clinton, durante una sua testimonianza al gran giuri' sull'affair con Monica Lewinsky nel 1988]
Tale moglie, tale marito. Chissa' se agli americani questa "continuità familiare" piace.
"Grazie per essere vicino a Hillary in questo momento critico dellasua campagna" si legge a conclusione del messaggio. Per i sostenitori della senatrice, forse, sarebbe stato meglio che rispondesse, anche sei in ritardo, a tutte le domande davanti alle quali e' fuggita durante i confronti televisivi. Ad esempio, riguardo alla proposta del governatore di New York Sptizer di dare la patente agli immigrati irregolari. Hillary Clinton e' favorevole o contraria? Nessuno lo ha capito. E ancora sulla spesa sociale: prima ha detto di non approvare e non supportare l'idea diincrementare le tasse, ma poi ha fatto sapere che l'ipotesi (di un aumento delle imposte) sarebbe comunque da prendere "in considerazione". Cosa vuole fare la senatrice, aumentare le tasse o no? Da Presidente degli Stati Uniti, e' pronta ad impegnarsi con il popolo americano affinche' l'Iran non sviluppi armi nucleari? Si o no?
A tutte queste domande Hillary Clinton ha dato risposte diverse o ambigue. Tanto da far scrivere agli editorialisti americani che è tornato il "Clintonesque", l'imbarazzante linguaggio di suo marito Bill, che pur di non rispondere alle domande piu' difficili ricorreva a sofismi tipo:
"It depends on what the meaning of the words 'is' is." [Bill Clinton, durante una sua testimonianza al gran giuri' sull'affair con Monica Lewinsky nel 1988]
Tale moglie, tale marito. Chissa' se agli americani questa "continuità familiare" piace.
Wednesday, October 31, 2007
L'incoerenza di Hillary Clinton
Hillary Clinton non ha le carte in regola per essere il prossimo presidente degli Stati Uniti. A dirlo ogni giorno non sono i candidati alla nomination del Grand Old Party, bensi' i compagni di partito della stessa Hillary che, attualmente, sembrano essere i suoi piu' acerrimi nemici.
Barack Obama e John Edwards nel dibattito di ieri, hanno attaccato ripetutamente Hillary Clinton accusandola di avere delle posizioni ambigue su diversi temi (Iraq e Iran, ad esempio) e di cambiare spesso versione a seconda di chi sia l'interlocutore: dice una cosa quando parla negli Stati e l'esatto contrario quando e' a Washington o a New York.
Mancano meno di due mesi alle primarie in Iowa, e che simili attacchi siano pura tattica per cercare di ridurre il gap tra la front runner democratica e i suoi rivali e' cosa abbastanza ovvia. Presto i sondaggi ci diranno se l'effetto e' stato raggiunto.
Di sicuro, sin d'ora, c'e' che agli americani sintonizzati sul dibattito non e' sfuggita la brusca retromarcia di Hillary su una domanda relativa alla (mostruosa) proposta del Governatore di New York, Spitzer, di dare agli immigrati irregolari la patente. La senatrice prima si e' detta d'accordo con la proposta ma, dopo essere stata criticata dagli altri candidati, ha cambiato versione. John Edwards ha prontamente affermato "se non ho perso qualcosa, il senatore Clinton ha detto due cose diverse nel giro di pochi minuti" . Dello stesso avviso Barack Obama che si e' detto confuso dalla risposta di Hillary." Non ho capito se fosse favorevole o contraria alla proposta.
La senatrice (eletta nello stato di New York) sembra conoscere molto poco il suo collegio elettorale. Tanto da affermare che nello stato di New York ci sarabbero "svariati milioni' di immigrati irregolari. Il che, se la matematica non e' un'opinione, equivale a dire che piu' del 20% degli abitanti di questo stato sono clandestini.
Complimenti.
Qui su Hot Air il video con il momento clou, qui e qui la trascrizione tratta dal dibattito.
Barack Obama e John Edwards nel dibattito di ieri, hanno attaccato ripetutamente Hillary Clinton accusandola di avere delle posizioni ambigue su diversi temi (Iraq e Iran, ad esempio) e di cambiare spesso versione a seconda di chi sia l'interlocutore: dice una cosa quando parla negli Stati e l'esatto contrario quando e' a Washington o a New York.
Mancano meno di due mesi alle primarie in Iowa, e che simili attacchi siano pura tattica per cercare di ridurre il gap tra la front runner democratica e i suoi rivali e' cosa abbastanza ovvia. Presto i sondaggi ci diranno se l'effetto e' stato raggiunto.
Di sicuro, sin d'ora, c'e' che agli americani sintonizzati sul dibattito non e' sfuggita la brusca retromarcia di Hillary su una domanda relativa alla (mostruosa) proposta del Governatore di New York, Spitzer, di dare agli immigrati irregolari la patente. La senatrice prima si e' detta d'accordo con la proposta ma, dopo essere stata criticata dagli altri candidati, ha cambiato versione. John Edwards ha prontamente affermato "se non ho perso qualcosa, il senatore Clinton ha detto due cose diverse nel giro di pochi minuti" . Dello stesso avviso Barack Obama che si e' detto confuso dalla risposta di Hillary." Non ho capito se fosse favorevole o contraria alla proposta.
La senatrice (eletta nello stato di New York) sembra conoscere molto poco il suo collegio elettorale. Tanto da affermare che nello stato di New York ci sarabbero "svariati milioni' di immigrati irregolari. Il che, se la matematica non e' un'opinione, equivale a dire che piu' del 20% degli abitanti di questo stato sono clandestini.
Complimenti.
Qui su Hot Air il video con il momento clou, qui e qui la trascrizione tratta dal dibattito.
Tuesday, October 30, 2007
Quando l'Iraq aiuta la California
Gli americani sono piu' amati dagli iracheni che dagli europei. Lo si capisce chiaramente leggendo quanto scritto da Richard S. Lowry nel suo blog, che riporta una storia di eccezionale generosita'. Ma non solo. Questa rappresenta l'ennesima prova di come le conseguenze della guerra in Iraq possano avere una chiave di lettura completamente diversa da quella che la maggior parte dei media offre.
I militari iracheni di stanza a Besmaya, infatti, hanno raccolto 1000 dollari da inviare a supporto dei californiani vittime dei tremendi roghi che hanno devastato parte del Golden State. Dimostrazione, questa, di come i soldati iracheni non dimentichino "l'aiuto che il governo americano ha dato al popolo iracheno".
I militari iracheni di stanza a Besmaya, infatti, hanno raccolto 1000 dollari da inviare a supporto dei californiani vittime dei tremendi roghi che hanno devastato parte del Golden State. Dimostrazione, questa, di come i soldati iracheni non dimentichino "l'aiuto che il governo americano ha dato al popolo iracheno".
Friday, October 26, 2007
Eia, Eia, Zulfiqar
Coloratissima ed inequivocabile la risposta dell'Iran alle recenti sanzioni americane.
Ad una parata militare alla presenza dell'Ayatollah Ali Khamenei, i soldatini iraniani diventano un gigantesco Zulfiqar, la scimitarra simbolo di onore e martirio, che infilza una stella di David e una bandiera americana a 'svastiche' e strisce. Il video, trasmesso sul primo canale della tv iraniana, lo trovate (grazie a MEMRI) qui.
Ad una parata militare alla presenza dell'Ayatollah Ali Khamenei, i soldatini iraniani diventano un gigantesco Zulfiqar, la scimitarra simbolo di onore e martirio, che infilza una stella di David e una bandiera americana a 'svastiche' e strisce. Il video, trasmesso sul primo canale della tv iraniana, lo trovate (grazie a MEMRI) qui.
Wednesday, October 24, 2007
On the California Wildfires
Clicchi Hillary Clinton e trovi questo. Barack Obama ti manda direttamente da Schwarzenegger e John Edwards sembra prediligere la croce rossa.
Rudy Giuliani, John McCain , Mitt Romney e Fred Thompson non dicono nulla (per ora).
Very disappointing.
Rudy Giuliani, John McCain , Mitt Romney e Fred Thompson non dicono nulla (per ora).
Very disappointing.
Monday, October 22, 2007
Giuliani: "America can't afford you" Hillary Clinton
Durante il dibattito di ieri sera in Florida, Chris Wallace ha pungolato Rudy Giuliani chiedendogli se fosse vero che le sue posizioni su temi sociali come aborto, matrimoni gay e controllo delle armi da fuoco, non fossero poi cosi' distanti da quelle della front runner democratica.
Parafrasando Hillary Clinton e le sue idee per cambiare l'America, Rudy ha risposto cosi'.
Parafrasando Hillary Clinton e le sue idee per cambiare l'America, Rudy ha risposto cosi'.
Friday, October 19, 2007
Bomba o non bomba
Quando leggo notizie come questa, la prima reazione che provo è di stupore.
Stupore non per l'atto – al quale ognuno di noi può accostare i più variopinti epiteti - ma per le circostanze.
Fontana di Trevi non è il Tevere o il lago di Bracciano. E' un monumento al centro di una delle città più belle del mondo. Palazzo Chigi, il Parlamento e ministeri vari sono lì a poche centinaia di metri. Vigili, carabinieri e polizia - insieme a turisti, venditori ambulanti e calessi - passano ore e ore di stanza alla Fontana di Trevi. La densità di forze dell'ordine presenti nell'ipotetica circonferenza che ha come centro la Fontana di Trevi e arriva fino al Parlamento è altissima.
Com'è possibile, allora, che nessuno si sia accorto di nulla?
La verità è che Roma è indifesa. Altro che Al Gore e le sue teorie sul global warming: la vera paura è un'altra, molto più vicina e concreta.
Se è stato così semplice riversare del colore nella fontana, lasciare la scatola con i volantini della rivendicazione e scomparire... quando si parla di "rischio attentati in Italia", voi, che sensazione provate?
Stupore non per l'atto – al quale ognuno di noi può accostare i più variopinti epiteti - ma per le circostanze.
Fontana di Trevi non è il Tevere o il lago di Bracciano. E' un monumento al centro di una delle città più belle del mondo. Palazzo Chigi, il Parlamento e ministeri vari sono lì a poche centinaia di metri. Vigili, carabinieri e polizia - insieme a turisti, venditori ambulanti e calessi - passano ore e ore di stanza alla Fontana di Trevi. La densità di forze dell'ordine presenti nell'ipotetica circonferenza che ha come centro la Fontana di Trevi e arriva fino al Parlamento è altissima.
Com'è possibile, allora, che nessuno si sia accorto di nulla?
La verità è che Roma è indifesa. Altro che Al Gore e le sue teorie sul global warming: la vera paura è un'altra, molto più vicina e concreta.
Se è stato così semplice riversare del colore nella fontana, lasciare la scatola con i volantini della rivendicazione e scomparire... quando si parla di "rischio attentati in Italia", voi, che sensazione provate?
Tuesday, October 16, 2007
Hillary's money
Snocciolati i risultati della raccolta dei fondi, scoppia la guerra tra Obama e Hillary.
Il senatore dell'Illonois ha appena mandato una email ai suoi sostenitori, chiedendo un aiuto per chiudere il gap con la frontrunner democratica: servono 2.1 milioni di dollari.
Il messaggio lanciato da Obama arriva dritto al punto, ' i soldi di Hillary Clinton arrivano dai lobbisti e da gruppi di interesse' e non da americani che cercano un vero cambiamento a Washington.
Insomma, Hillary puzza di vecchio e Obama scrive a chiare lettere che lui, dalla potentissime lobby americane, non ha accettato nemmeno un centesimo. Mentre lei ha candidamente affermato che i lobbisti rappresantano 'real Americans'
Monday, October 15, 2007
Il guru di JFK: Giuliani mandera' al tappeto Hillary
Ted Sorensen, storico braccio destro di John F. Kennedy, non è l'ultimo arrivato tra i democratici americani. Eppure, sull'esito di quello che appare come il più probabile scontro per aggiudicarsi la Casa Bianca, non ha dubbi: Hillary Clinton uscirebbe massacrata da uno scontro con Rudy Giuliani. Il problema di Hillary, spiega senza peli sulla lingua, è che "non piace a moltissime persone". In questa intervista al quotidiano inglese Telegraph, Sorensen riversa critiche a fiume sull'ex first lady che, per il guru di JFK, tende a tergiversare piu' del necessario e a presentare "programmi in 5 punti" piu' adatti a lezioni universitarie che a elezioni presidenziali.
Molto meglio, per il partito democratico, sarebbe secondo lui candidare Barack Obama, al quale riconosce tante qualità in comune con John F. Kennedy. Iniziando da un sorriso "vincente" e un modo di comunicare con il proprio pubblico calmo e rilassato, che arriva dritto al cuore degli americani. Kennedy segno' un'era diventando il primo presidente cattolico degli Stati Uniti. Adesso Obama, secondo Sorensen, potrebbe essere il primo afro-americano ad occupare la Casa Bianca.
Qui un video di Sorensen che introduce Barack Obama ad un comizio a Des Moines, Iowa.
Molto meglio, per il partito democratico, sarebbe secondo lui candidare Barack Obama, al quale riconosce tante qualità in comune con John F. Kennedy. Iniziando da un sorriso "vincente" e un modo di comunicare con il proprio pubblico calmo e rilassato, che arriva dritto al cuore degli americani. Kennedy segno' un'era diventando il primo presidente cattolico degli Stati Uniti. Adesso Obama, secondo Sorensen, potrebbe essere il primo afro-americano ad occupare la Casa Bianca.
Qui un video di Sorensen che introduce Barack Obama ad un comizio a Des Moines, Iowa.
Sunday, October 14, 2007
The biggest threat to the West lies within itself, not with Islam
Lo dimostrano articoli come questo.
Friday, October 12, 2007
Gore 2008, una speranza per i repubblicani
Mercoledì 10 ottobre il New York Times ospitava a piena pagina questa lettera indirizzata all'ex vice presidente Al Gore e scritta dai volontari di Draft Gore, organizzazione di democratici convinti che "Gore sia la vera voce del partito e l'unico leader in grado di restituire la Casa Bianca agli americani".
Vincendo il Nobel per la pace, il neo salvatore del pianeta Terra sembra entrare nell'arena delle prossime presidenziali americane direttamente dalla porta principale.
La dimostrazione che Gore 2008 non sia solo una speculazione mediatica, ma qualcosina di più, arriva dall'incessante lavoro dei volenterosi draftgoriani, intenti a raccogliere in tutti gli Stati Uniti le firme necessarie all'ex vice presidente per partecipare alle prossime elezioni primarie.
Ma se il menu du jour suona come "America does not need another prize, we need another president", qui si copia/incolla e sottoscrive il primo commento a questo post:
"Global Warming and Al Gore. One is an unproven theory and the other is a proven loser. That’s something to which we can look forward."
Ps. Letture fortemente consigliate sull'argomento: l'Istituto Bruno Leoni e The Right Nation.
Vincendo il Nobel per la pace, il neo salvatore del pianeta Terra sembra entrare nell'arena delle prossime presidenziali americane direttamente dalla porta principale.
La dimostrazione che Gore 2008 non sia solo una speculazione mediatica, ma qualcosina di più, arriva dall'incessante lavoro dei volenterosi draftgoriani, intenti a raccogliere in tutti gli Stati Uniti le firme necessarie all'ex vice presidente per partecipare alle prossime elezioni primarie.
Ma se il menu du jour suona come "America does not need another prize, we need another president", qui si copia/incolla e sottoscrive il primo commento a questo post:
"Global Warming and Al Gore. One is an unproven theory and the other is a proven loser. That’s something to which we can look forward."
Ps. Letture fortemente consigliate sull'argomento: l'Istituto Bruno Leoni e The Right Nation.
Friday, September 14, 2007
Sicurezza? Gli americani preferiscono Giuliani
Nonostante le critiche di chi lo accusi di usare la tragedia dell’11 settembre per fini elettorali (un piccolo esempio qui), Rudy Giuliani sembra non avere rivali quando si parla di sicurezza.
Alla domanda “se gli Stati Uniti fossero colpiti da un altro attacco terroristico, vi sentireste più a vostro agio con Hillary Clinton o Rudy Giuliani come presidente?”, gli americani in questo sondaggio (punto 53 ndGNY) hanno risposto cosi’.
Giuliani 50%
Clinton 36%
Da notare, la risposta data dagli intervistati che si sono identificati come democratici. Ben il 28% di loro preferirebbe comunque Giuliani alla Clinton. Al contrario, solo il 12% dei repubblicani avrebbe scelto Hillary al posto dell’ex sindaco di New York.
Anche tra gli indipendenti, ovvero quelli che non si identificano né col partito repubblicano né con quello democratico, Giuliani conquista la fiducia più alta con un 47%, contro il solo 28% di Hillary Clinton.
Alla domanda “se gli Stati Uniti fossero colpiti da un altro attacco terroristico, vi sentireste più a vostro agio con Hillary Clinton o Rudy Giuliani come presidente?”, gli americani in questo sondaggio (punto 53 ndGNY) hanno risposto cosi’.
Giuliani 50%
Clinton 36%
Da notare, la risposta data dagli intervistati che si sono identificati come democratici. Ben il 28% di loro preferirebbe comunque Giuliani alla Clinton. Al contrario, solo il 12% dei repubblicani avrebbe scelto Hillary al posto dell’ex sindaco di New York.
Anche tra gli indipendenti, ovvero quelli che non si identificano né col partito repubblicano né con quello democratico, Giuliani conquista la fiducia più alta con un 47%, contro il solo 28% di Hillary Clinton.
Wednesday, September 12, 2007
Tuesday, September 11, 2007
La parabola della Farkas
Alessandra Farkas, corrispondente da New York del Corriere della Sera, ha incensato i suoi lettori con “La parabola di Giuliani”. L’articolo, a pagina 4 del Corriere di oggi, rappresenta uno dei piu’ splendidi esempi di invettiva pro Hillary "made in Italy". Il pezzo, confezionato ad arte per mescolare le carte in tavola ed offrire una prospettiva della realta’ completamente errata, trasuda faziosita’ ad ogni riga.
Se e’ vero, come dice la Farkas, che “il mito dell’ex sindaco di New York Rudy Giuliani fa acqua da tutte le parti”, potrebbe almeno trovare una spiegazione plausibile ai sondaggi che vedono Giuliani, indisturbato, sempre in testa alla classifica. Al contrario preferisce nascondersi dietro il New York Times o il New Yorker, quotidiani noti per avere nei confronti dei repubblicani, la stessa obiettivita’ che Repubblica ed il Manifesto hanno nei confronti di Berlusconi.
“Contro di lui si sono gia’ scagliati pompieri, poliziotti, medici” continua la Farkas, non menzionando ovviamente tutte quelle associazioni tra le forze dell’ordine, che si sono apertamente schierate a favore di Giuliani.
Se New York Times e New Yorker non fossero abbastanza per sostenere la teoria “Rudy non e’ piu’ sindaco d’America” ecco spuntare un sondaggio. Gallup? Rasmussen Reports? Cnn? No. Niente di tutto cio’. L’analisi offerta e’ quella di “Salon.com”, noto per le sue posizioni ultra liberal, che la giornalista cita per supportare l'idea che Giuliani usi "la tragedia per fini elettorali'. Il magazine on line “ha calcolato che dopo gli attentanti, Giuliani passo’ sul luogo della strage appena 29 ore, contro ben 58 ore spese allo stadio della sua squadra del cuore: gli Yankees”.
Oggi pero', a differenza di tutti i websites dei papabili candidati alle presidenziali del 2008, sia repubblicani che democratici, quello di Rudolph Giuliani e’ - per usare una metafora - a mezz’asta.
Io la chiamo lezione di stile. La Farkas la definirebbe certamente “manipolazione del dolore”.
Se e’ vero, come dice la Farkas, che “il mito dell’ex sindaco di New York Rudy Giuliani fa acqua da tutte le parti”, potrebbe almeno trovare una spiegazione plausibile ai sondaggi che vedono Giuliani, indisturbato, sempre in testa alla classifica. Al contrario preferisce nascondersi dietro il New York Times o il New Yorker, quotidiani noti per avere nei confronti dei repubblicani, la stessa obiettivita’ che Repubblica ed il Manifesto hanno nei confronti di Berlusconi.
“Contro di lui si sono gia’ scagliati pompieri, poliziotti, medici” continua la Farkas, non menzionando ovviamente tutte quelle associazioni tra le forze dell’ordine, che si sono apertamente schierate a favore di Giuliani.
Se New York Times e New Yorker non fossero abbastanza per sostenere la teoria “Rudy non e’ piu’ sindaco d’America” ecco spuntare un sondaggio. Gallup? Rasmussen Reports? Cnn? No. Niente di tutto cio’. L’analisi offerta e’ quella di “Salon.com”, noto per le sue posizioni ultra liberal, che la giornalista cita per supportare l'idea che Giuliani usi "la tragedia per fini elettorali'. Il magazine on line “ha calcolato che dopo gli attentanti, Giuliani passo’ sul luogo della strage appena 29 ore, contro ben 58 ore spese allo stadio della sua squadra del cuore: gli Yankees”.
Oggi pero', a differenza di tutti i websites dei papabili candidati alle presidenziali del 2008, sia repubblicani che democratici, quello di Rudolph Giuliani e’ - per usare una metafora - a mezz’asta.
Io la chiamo lezione di stile. La Farkas la definirebbe certamente “manipolazione del dolore”.
Monday, September 10, 2007
Friday, September 7, 2007
Bush a Sydney - evoluzioni pacifiste
Thursday, September 6, 2007
Fred Thompson is (officially) in
Mentre Fred Thompson, dopo aver sondato il terreno per mesi (e mesi) si preparava ad ufficializzare la propria candidatura anche al "Tonight Show with Jay Leno", Fox News trasmetteva dal New Hampshire il "Republican Presidential Primary Debate".
Alla domanda "chi ha fatto la mossa piu' intelligente, voi che siete qui e che siete scesi in campo da tanto tempo, o il senatore Thompson?" Mike Huckabee, Ron Paul, John McCain, Mitt Romney e Rudy Giuliani hanno risposto cosi'.
Alla domanda "chi ha fatto la mossa piu' intelligente, voi che siete qui e che siete scesi in campo da tanto tempo, o il senatore Thompson?" Mike Huckabee, Ron Paul, John McCain, Mitt Romney e Rudy Giuliani hanno risposto cosi'.
Wednesday, September 5, 2007
I pacifisti vietano ai democratici di usare occhi e cervello
A chi crede ancora nel concetto che la sinistra americana sia libera, slegata da interessi di democratica bottega, ma soprattutto che l’ipocrisia sia tutta a destra e che i repubblicani siano tutti lobotomizzati dalla Casa Bianca, basta un click qui. Opinion Journal ci regala una retrospettiva interessante che dipinge, in modo inequivocabile, il concetto di personal opinion che regna nel partito democratico. O meglio, a cosa vadano incontro gli eletti nelle file democratiche, quando osino elaborare concetti non in linea col partito.
La vittima e’ Brian Baird, Congressman democratico dello stato di Washington, reo di avere usato toni positivi parlando della guerra in Iraq, ma soprattutto di aver considerato il ritiro delle truppe americane un errore.
“Da democratico che ha votato contro la guerra” si legge in un comunicato “sono convinto, prove alla mano, che la situazione abbia cominciato a cambiare sostanzialmente in meglio”. E ancora “in questo momento non dobbiamo ritirare o bloccare i finanziamente alle nostre truppe”.
Apriti cielo. La reprimenda arriva a distanza di pochi giorni dal movimento MoveOn.org, con un il video ad hoc trasmesso nel distretto elettorale del politico (per sputtanarlo meglio di fronte ai propri elettori). Il filmato e’ corredato da un'allettante introduzione “Abbiamo un nuovo spot che sfida Baird ed il suo sostegno alla guerra in Iraq”. Ma il video e’ la solita tiritera. La presenza degli americani in Iraq “e’ sbagliata, immorale, irresponsabile”. Nessuna analisi, nessuna critica mirata. Niente di niente. Il messaggio pero’ e’ chiarissimo: per i pacifisti è vietato ammettere che in Iraq l'esercito americano sta compiendo progressi. Per loro, l'unico democratico buono è quello che chiude gli occhi dinanzi all'evidenza e ha mandato il cervello all'ammasso.
La vittima e’ Brian Baird, Congressman democratico dello stato di Washington, reo di avere usato toni positivi parlando della guerra in Iraq, ma soprattutto di aver considerato il ritiro delle truppe americane un errore.
“Da democratico che ha votato contro la guerra” si legge in un comunicato “sono convinto, prove alla mano, che la situazione abbia cominciato a cambiare sostanzialmente in meglio”. E ancora “in questo momento non dobbiamo ritirare o bloccare i finanziamente alle nostre truppe”.
Apriti cielo. La reprimenda arriva a distanza di pochi giorni dal movimento MoveOn.org, con un il video ad hoc trasmesso nel distretto elettorale del politico (per sputtanarlo meglio di fronte ai propri elettori). Il filmato e’ corredato da un'allettante introduzione “Abbiamo un nuovo spot che sfida Baird ed il suo sostegno alla guerra in Iraq”. Ma il video e’ la solita tiritera. La presenza degli americani in Iraq “e’ sbagliata, immorale, irresponsabile”. Nessuna analisi, nessuna critica mirata. Niente di niente. Il messaggio pero’ e’ chiarissimo: per i pacifisti è vietato ammettere che in Iraq l'esercito americano sta compiendo progressi. Per loro, l'unico democratico buono è quello che chiude gli occhi dinanzi all'evidenza e ha mandato il cervello all'ammasso.
Tuesday, September 4, 2007
Thursday, August 30, 2007
Zero tolleranza zero
Anno 2000. Giuliano Amato è presidente del Consiglio. Dal pulpito di un convegno a Frascati promette tolleranza zero: "Dobbiamo rispondere alla domanda di sicurezza. Dobbiamo saperci dimostrare inflessibili contro la criminalità. (...) Tutte le questure italiane, se vogliono conservare i loro questori, devono adottare una linea di non tolleranza".
Oggi, sette anni dopo. Giuliano Amato è ministro dell'Interno. Con una lettera al Corriere della Sera promette agli italiani: "Serve una lotta all'illegalità a 360 gradi, così come fece Rudolph Giuliani, da sindaco di New York."
Cambiano gli anni e gli incarichi. Quello che non cambia è il risultato della tolleranza zero versione Giuliano Amato: zero. E se non ha fatto nulla come premier, non si vede perché mai dovrebbe riuscire a combinare qualcosa come semplice ministro.
Post scriptum. Sulla tolleranza zero versione Giuliano Amato please check A Conservative Mind out!
Oggi, sette anni dopo. Giuliano Amato è ministro dell'Interno. Con una lettera al Corriere della Sera promette agli italiani: "Serve una lotta all'illegalità a 360 gradi, così come fece Rudolph Giuliani, da sindaco di New York."
Cambiano gli anni e gli incarichi. Quello che non cambia è il risultato della tolleranza zero versione Giuliano Amato: zero. E se non ha fatto nulla come premier, non si vede perché mai dovrebbe riuscire a combinare qualcosa come semplice ministro.
Post scriptum. Sulla tolleranza zero versione Giuliano Amato please check A Conservative Mind out!
Tuesday, August 28, 2007
Lavavetri e pasionarie fiorentine
L’ordinanza del sindaco di Firenze sui lavavetri merita un applauso. Se non altro per la consapevolezza, da parte di chi l'ha voluta, del putiferio che avrebbe scatenato.
Non essendoci cosa peggiore, per un politico di sinistra, che l'essere apostrofato come qualcuno che fa “cose di destra”, possiamo solo immaginare lo stato d’animo dell’assessore Cioni, costretto a spiegare a chi gli aveva gia’ messo un fez in testa, un concetto semplicissimo: la tutela del cittadino non e' una prerogativa di destra o di sinistra, ma semplicemente il compito di un buon amministratore.
Compito che, nel caso specifico, appare difficilissimo. Lo conferma il fatto che chi dovrebbe conoscere molto bene la situazione fiorentina, come i consiglieri comunali, accusa la giunta di essere ricorsa a “provvedimenti ingiusti e lesivi della dignità umana” oppure che l'ordinanza rischi di indurre gli ex lavavetri “ad azioni altrettanto fastidiose o addirittura illegali per procurarsi di che vivere”.
Curioso che affermazioni come queste arrivino proprio da due compagne, che pare ignorino (volutamente?) un punto fondamentale dell’ordinanza. Dove si legge infatti che “si sono verificati molteplici episodi di molestie soprattutto agli incroci semaforizzati e che ciò configura pericolo di conflitto sociale per i numerosi alterchi verificatisi, in particolare nei confronti delle donne sole”.
Sembra quasi che per le due consigliere insulti e molestie a semaforo rosso siano le cose piu' normali del mondo. Talmente normali da preoccuparsi di piu' se il provvedimento piace al vice sindaco aennino di Milano, piuttosto che pensare alla sicurezza delle fiorentine al volante.
Non essendoci cosa peggiore, per un politico di sinistra, che l'essere apostrofato come qualcuno che fa “cose di destra”, possiamo solo immaginare lo stato d’animo dell’assessore Cioni, costretto a spiegare a chi gli aveva gia’ messo un fez in testa, un concetto semplicissimo: la tutela del cittadino non e' una prerogativa di destra o di sinistra, ma semplicemente il compito di un buon amministratore.
Compito che, nel caso specifico, appare difficilissimo. Lo conferma il fatto che chi dovrebbe conoscere molto bene la situazione fiorentina, come i consiglieri comunali, accusa la giunta di essere ricorsa a “provvedimenti ingiusti e lesivi della dignità umana” oppure che l'ordinanza rischi di indurre gli ex lavavetri “ad azioni altrettanto fastidiose o addirittura illegali per procurarsi di che vivere”.
Curioso che affermazioni come queste arrivino proprio da due compagne, che pare ignorino (volutamente?) un punto fondamentale dell’ordinanza. Dove si legge infatti che “si sono verificati molteplici episodi di molestie soprattutto agli incroci semaforizzati e che ciò configura pericolo di conflitto sociale per i numerosi alterchi verificatisi, in particolare nei confronti delle donne sole”.
Sembra quasi che per le due consigliere insulti e molestie a semaforo rosso siano le cose piu' normali del mondo. Talmente normali da preoccuparsi di piu' se il provvedimento piace al vice sindaco aennino di Milano, piuttosto che pensare alla sicurezza delle fiorentine al volante.
Monday, August 27, 2007
Il "modello Italia" conquista la stampa Usa
La stampa liberal inizia a fare i conti con l'efficienza del governo Prodi. Il New York Times, molto perplesso, in un recente articolo sull'immigrazione ha fatto sapere ai suoi lettori che il ministero dell'Interno italiano «non ha potuto fornire statistiche precise perché il personale autorizzato a parlare con la stampa era in vacanza». Qui se ne stupiscono, e magari si stupiscono pure perché in Italia nessuno si lamenta di simili assenze. Non sanno che il peggio di solito accade a settembre, quando il governo torna al lavoro.
Thursday, August 23, 2007
L'inciviltà della Saudi Airlines e le parole al vento di D'Alema
Nel marzo del 2006 Massimo D’Alema, a margine di un convegno sulla societa’ multiculturale, sosteneva di non avere dubbi sul fatto di dover “rivendicare che in tutti i paesi ci sia la liberta' religiosa”. Ora, da ministro degli Esteri, potrebbe fare una telefonata a Sua Eccellenza Mohammed Ibrahim I. Al Jarallah, ambasciatore in Italia del Regno dell'Arabia Saudita, per chiedere lumi su una piccola regola della Saudi Airlines.
Il sito ufficiale della compagnia aerea saudita, alla voce “Customs Regulation”, recita che, per ragioni religiose e leggi locali, le linee aeree di Riyadh vietano di introdurre nel regno, e quindi sui loro apparecchi, "oggetti e articoli che appartengono a religioni" diverse da quella mussulmana. Questi oggetti "possono includere Bibbie, crocifissi, statue, sculture, oggetti con simboli religiosi come la stella di David e altri".
Sul sito italiano dell’ambasciata pero’, tra le restrizioni per chi viaggia in Arabia Saudita, leggiamo solo che “sono proibiti alcol, narcotici, armi, munizioni, carne suina e materiale pornografico” e che “Makkah e Madinah sono luoghi di particolare significato religioso e solo persone di fede islamica vi possono accedere”.
In attesa di capire quale tra i due siti sia il piu’ aggiornato (il sospetto e’ che in via Raimondi qualcuno sia in ferie), qui si e’ pienamente d’accordo con quanto si legge sul New York Sun. Daniel Pipes lancia infatti una sensatissima provocazione: impedire alla Saudi Airlines di fare rotta nei 18 aeroporti europei in cui fa scalo, nel Nord America e in Giappone, almeno fino a quando non verrà cambiata la regola doganale che discrimina e offende i fedeli di altre religioni.
L'idea di Pipes si basa su quel criterio di reciprocità che dovrebbe valere tra tutti i paesi civili. L'Arabia Saudita, non potendo permettersi di essere esclusa da queste rotte, tantomeno di rischiare l'isolamento applicando una sorta di embargo alle compagnie aeree occidentali, a questo punto potrebbe valutare di compiere un passo indietro e adottare regole più civili. Aprendo uno spiraglio a quella liberta' di culto che il nostro ministro degli Esteri, almeno a parole, un tempo difendeva.
Il sito ufficiale della compagnia aerea saudita, alla voce “Customs Regulation”, recita che, per ragioni religiose e leggi locali, le linee aeree di Riyadh vietano di introdurre nel regno, e quindi sui loro apparecchi, "oggetti e articoli che appartengono a religioni" diverse da quella mussulmana. Questi oggetti "possono includere Bibbie, crocifissi, statue, sculture, oggetti con simboli religiosi come la stella di David e altri".
Sul sito italiano dell’ambasciata pero’, tra le restrizioni per chi viaggia in Arabia Saudita, leggiamo solo che “sono proibiti alcol, narcotici, armi, munizioni, carne suina e materiale pornografico” e che “Makkah e Madinah sono luoghi di particolare significato religioso e solo persone di fede islamica vi possono accedere”.
In attesa di capire quale tra i due siti sia il piu’ aggiornato (il sospetto e’ che in via Raimondi qualcuno sia in ferie), qui si e’ pienamente d’accordo con quanto si legge sul New York Sun. Daniel Pipes lancia infatti una sensatissima provocazione: impedire alla Saudi Airlines di fare rotta nei 18 aeroporti europei in cui fa scalo, nel Nord America e in Giappone, almeno fino a quando non verrà cambiata la regola doganale che discrimina e offende i fedeli di altre religioni.
L'idea di Pipes si basa su quel criterio di reciprocità che dovrebbe valere tra tutti i paesi civili. L'Arabia Saudita, non potendo permettersi di essere esclusa da queste rotte, tantomeno di rischiare l'isolamento applicando una sorta di embargo alle compagnie aeree occidentali, a questo punto potrebbe valutare di compiere un passo indietro e adottare regole più civili. Aprendo uno spiraglio a quella liberta' di culto che il nostro ministro degli Esteri, almeno a parole, un tempo difendeva.
Tuesday, August 21, 2007
Intifada NYC
Inneggiare apertamente alla violenza islamica a New York? Tutto è possibile. Arab Women Active in Art and Media è l'associazione che ha avuto la brillante idea di creare le simpatiche t-shirts "Intifada New York City" che potete ammirare qui sopra. Abituati come siamo a vedere ben di peggio, l' exploit creativo di questa organizzazione potrebbe quasi passare inosservato. Piccolo particolare, difficilmente trascurabile, il commento che "Debbie" Almontaser (ormai ex preside della scuola pubblica di Brooklyn dedicata all'insegnamento della cultura e della lingua araba) ha candidamente rilasciato: "Credo non sia altro che un modo per le ragazze di esprimere la propria appartenenza nella società newyorkese... e liberarsi dall'oppressione".
Se pochissimi hanno capito da che sorta di "oppressione" debbano liberarsi queste ragazze (siamo a New York), in molti, sindaco Bloomberg compreso, hanno accolto con un sospiro di sollievo le dimissioni della signora Almontaser da direttrice della Khalil Gibran International Academy. Una scuola che sta assumendo, sempre di più, le sembianze di una madrassa a spese dei contribuenti.
P.S: la storia della metamorfosi che accompagna la Khalil Gibran International Academy può essere seguita dalle pagine del New York Sun, dal sito di Daniel Pipes e qui.
Se pochissimi hanno capito da che sorta di "oppressione" debbano liberarsi queste ragazze (siamo a New York), in molti, sindaco Bloomberg compreso, hanno accolto con un sospiro di sollievo le dimissioni della signora Almontaser da direttrice della Khalil Gibran International Academy. Una scuola che sta assumendo, sempre di più, le sembianze di una madrassa a spese dei contribuenti.
P.S: la storia della metamorfosi che accompagna la Khalil Gibran International Academy può essere seguita dalle pagine del New York Sun, dal sito di Daniel Pipes e qui.
Friday, August 17, 2007
Allah per Dio?! No, grazie
Sara' l'eta' o forse lo stress da prepensionamento, ma la sparata del Vescovo cattolico di Breda, Tiny Muskens, ha dell'incredibile. "Allah è una parola molto bella per 'Dio'. Non dovremmo, d'ora in poi, chiamarLo 'Allah'? A Dio non interessa come Lo si chiami" ha affermato il prelato olandese durante una trasmissione televisiva.
A supporto della sua stravagante proposta, il Vescovo ha ricordato i suoi anni trascorsi in Indonesia, dove nelle chiese cattoliche Dio viene appunto chiamato Allah.
Ma essendo Breda ancora parte di quella monarchia parlamentare chiamata Olanda, dove la lingua ufficiale, fino a prova contraria, e' l'olandese e non l'arabo: non sarebbe piu' corretto chiamare Allah, olandescamente parlando, 'God'?
Allah for God?! No, Thank's
It might be his age or some manifestation of preretirement stress, but the words of the Catholic Bishop of Breda, Holland, Tiny Musken, are hard to believe. “Allah is a very beautiful word for God. Shouldn’t we all say that from now on we will call God Allah? God doesn’t care what we call Him”. So asserted the Dutch prelate during a recent television program.
To support his outlandish proposal, the Bishop recalled his years serving in Indonesia where Catholic churches referred to God as "Allah".
However, as Breda remains (until further notice) part of the parliamentary democracy known as Holland, whose official language remains (until further notice) Dutch and not Arabic, wouldn’t it be more correct, using the Bishop's example, to refer to "Allah" as “God” in Holland?
A supporto della sua stravagante proposta, il Vescovo ha ricordato i suoi anni trascorsi in Indonesia, dove nelle chiese cattoliche Dio viene appunto chiamato Allah.
Ma essendo Breda ancora parte di quella monarchia parlamentare chiamata Olanda, dove la lingua ufficiale, fino a prova contraria, e' l'olandese e non l'arabo: non sarebbe piu' corretto chiamare Allah, olandescamente parlando, 'God'?
Allah for God?! No, Thank's
It might be his age or some manifestation of preretirement stress, but the words of the Catholic Bishop of Breda, Holland, Tiny Musken, are hard to believe. “Allah is a very beautiful word for God. Shouldn’t we all say that from now on we will call God Allah? God doesn’t care what we call Him”. So asserted the Dutch prelate during a recent television program.
To support his outlandish proposal, the Bishop recalled his years serving in Indonesia where Catholic churches referred to God as "Allah".
However, as Breda remains (until further notice) part of the parliamentary democracy known as Holland, whose official language remains (until further notice) Dutch and not Arabic, wouldn’t it be more correct, using the Bishop's example, to refer to "Allah" as “God” in Holland?
Saturday, July 7, 2007
Wednesday, July 4, 2007
Angelina Jolie, " a mighty hypocrite"
di Giulia Francesca Panciera
La bellissima Angelina Jolie continua a far parlare di se’. Questa volta pero’ l’attenzione della stampa non é rivolta alla sua vita sentimentale e nemmeno a tutti quei pettegolezzi che fanno la fortuna delle riviste patinate. “A Mighty Heart” e’ il film che racconta la storia di Daniel Pearl, il giornalista del Wall Street Journal rapito e barbaramente ucciso nel 2002 a Karachi in Pakistan da un gruppo estremista islamico. Nel film Angelina Jolie interpreta il ruolo della moglie del giornalista, Mariane Pearl, autrice dell’omonimo libro “A Mighty Heart – The brave life of my husband Danny Pearl” al quale il film e’ ispirato. La pellicola, oltre a documentare le ultime settimane di vita del giornalista e di sua moglie, vuole testimoniare e trasmettere la passione di Daniel Pearl per il giornalismo e la ricerca della verita’, valore a lui sacro tanto quanto la liberta’.Durante la prima del film a New York il legale della star, Robert Offer, avrebbe presentato ai giornalisti un contratto da sottoscrivere nel quale venivano dettati i termini per intervistare l’attrice. L’accordo prevedeva di “non fare a Ms. Jolie nessuna domanda relativa ai suoi rapporti personali”, pena la conclusione immediata dell’intervista che comunque non poteva essere utilizzata in modo da sottovalutare o compromettere l’immagine dell’attrice. Alla notizia del contratto si e’ aggiunta poi quella secondo la quale il canale filo conservatore Fox News sarebbe stato volutamente escluso dall’evento. Sono stati moltissimi i giornalisti ad aver rifiutato di firmare l’accordo, cancellando le interviste e bollando il contratto come una vera e propria esagerazione hollywoodiana.La faccenda, forse, sarebbe passata quasi del tutto inosservata se non fosse che, proprio nella stessa serata, Angelina Jolie era al fianco di “Reporters Without Borders”, l’organizzazione internazionale che si batte per la liberta’ di stampa e l’abolizione della censura, per una raccolta di fondi. L’associazione ha poi criticato la presa di posizione dell’attrice sia sul contratto presentato ai giornalisti, che sulla decisione di non volere Fox news tra i media presenti al “red carpet”.Angelina Jolie si e’ poi scusata pubblicamente per l’accaduto, scaricando la colpa sull’eccesso di zelo del suo avvocato e su una serie di sviste che avrebbero provocato l’esclusione di Fox news. Nonostante i costi per la produzione, una campagna pubblicitaria di tutto rispetto, ma soprattutto il giudizio molto piu’ che positivo dei critici, “A Mighty Heart” non ha riscosso il successo che merita. E c’e’ chi non ha avuto dubbi nel dire: tutta colpa della “mighty hypocrite” di Angelina Jolie.
© Confronto
ps. Tutto da leggere questo pezzo su CINEMA RETRO.
La bellissima Angelina Jolie continua a far parlare di se’. Questa volta pero’ l’attenzione della stampa non é rivolta alla sua vita sentimentale e nemmeno a tutti quei pettegolezzi che fanno la fortuna delle riviste patinate. “A Mighty Heart” e’ il film che racconta la storia di Daniel Pearl, il giornalista del Wall Street Journal rapito e barbaramente ucciso nel 2002 a Karachi in Pakistan da un gruppo estremista islamico. Nel film Angelina Jolie interpreta il ruolo della moglie del giornalista, Mariane Pearl, autrice dell’omonimo libro “A Mighty Heart – The brave life of my husband Danny Pearl” al quale il film e’ ispirato. La pellicola, oltre a documentare le ultime settimane di vita del giornalista e di sua moglie, vuole testimoniare e trasmettere la passione di Daniel Pearl per il giornalismo e la ricerca della verita’, valore a lui sacro tanto quanto la liberta’.Durante la prima del film a New York il legale della star, Robert Offer, avrebbe presentato ai giornalisti un contratto da sottoscrivere nel quale venivano dettati i termini per intervistare l’attrice. L’accordo prevedeva di “non fare a Ms. Jolie nessuna domanda relativa ai suoi rapporti personali”, pena la conclusione immediata dell’intervista che comunque non poteva essere utilizzata in modo da sottovalutare o compromettere l’immagine dell’attrice. Alla notizia del contratto si e’ aggiunta poi quella secondo la quale il canale filo conservatore Fox News sarebbe stato volutamente escluso dall’evento. Sono stati moltissimi i giornalisti ad aver rifiutato di firmare l’accordo, cancellando le interviste e bollando il contratto come una vera e propria esagerazione hollywoodiana.La faccenda, forse, sarebbe passata quasi del tutto inosservata se non fosse che, proprio nella stessa serata, Angelina Jolie era al fianco di “Reporters Without Borders”, l’organizzazione internazionale che si batte per la liberta’ di stampa e l’abolizione della censura, per una raccolta di fondi. L’associazione ha poi criticato la presa di posizione dell’attrice sia sul contratto presentato ai giornalisti, che sulla decisione di non volere Fox news tra i media presenti al “red carpet”.Angelina Jolie si e’ poi scusata pubblicamente per l’accaduto, scaricando la colpa sull’eccesso di zelo del suo avvocato e su una serie di sviste che avrebbero provocato l’esclusione di Fox news. Nonostante i costi per la produzione, una campagna pubblicitaria di tutto rispetto, ma soprattutto il giudizio molto piu’ che positivo dei critici, “A Mighty Heart” non ha riscosso il successo che merita. E c’e’ chi non ha avuto dubbi nel dire: tutta colpa della “mighty hypocrite” di Angelina Jolie.
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Monday, July 2, 2007
Chi ha paura di Micheal Bloomerg?
di Giulia Francesca Panciera
La decisione del sindaco di New York, Michael Bloomberg, di lasciare il Partito repubblicano diventando indipendente ha attirato l’attenzione non solo dei media ma soprattutto degli strateghi della politica americana. Nonostante di fatto lui continui a negare apertamente il suo interesse per la Casa Bianca, rispondendo in tono scherzoso che si candiderebbe solo se fosse “l’unico uomo rimasto vivo sulla terra”, tutti ne parlano come fosse gia’ una certezza.
John Harris, editore di “The Politico”, non ha dubbi in merito ed il New York Times ha pubblicato di recente un articolo nel quale afferma che lo staff di Bloomberg starebbe sondando il terreno “presidenziale” da ben due anni. Doug Bailey e Jerry Rafshoon, di Unity08 (l’organizzazione bipartisan che attraverso una covention on line potrebbe inserirsi nel contesto elettorale proponendo dei propri candidati ), hanno accolto la dipartita di Bloomberg dai Repubblicani con entusiasmo, dichiarando che il filantropo rappresenterebbe “il perfetto leader indipendente”. Unity08 potrebbe essere infatti la chiave d’accesso alla sua candidatura, poiche’ la sua struttura permetterebbe a Bloomberg di competere in tutti gli stati americani, evitando la burocrazia delle procedure elettorali. Il trait d’union tra il sindaco e l’organizzazione viene rafforzato poi da indiscrezioni relative ad alcuni finanziatori di Unity08, considerati molto vicini a Bloomberg.
Per Scott Reed, stratega del Partito repubblicano, la candidatura di Bloomberg nuocerebbe piu’ ai Democratici che ai repubblicani e prendendo ad esempio lo Stato di New York, luogo chiave per il partito di Hillary Clinton e Baraci Obama, questa affermazione e’ piu’ vera che mai. Bill Clinton fa sapere di essere felice che Bloomberg abbia lasciato il Partito repubblicano, ma anche di “non avere nulla da dire” sulla sua ipotetica corsa alla Casa Bianca perche’, riferendosi ovviamente alla moglie Hillary, lui “un candidato gia ce l’ha”. Ma e’ chiaro che, ad esempio, gli assegni milionari del filantropo Bloomberg alla “Carnegie Corporation”, una volta distribuiti alle numerosissime ed influenti associazioni newyorkesi, non faranno altro che insidiare un terreno da sempre piu’ favorevole e vicino ai Democratici.
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Sull'argomento : Will Bloomberg Swift-Boat Hillary?
La decisione del sindaco di New York, Michael Bloomberg, di lasciare il Partito repubblicano diventando indipendente ha attirato l’attenzione non solo dei media ma soprattutto degli strateghi della politica americana. Nonostante di fatto lui continui a negare apertamente il suo interesse per la Casa Bianca, rispondendo in tono scherzoso che si candiderebbe solo se fosse “l’unico uomo rimasto vivo sulla terra”, tutti ne parlano come fosse gia’ una certezza.
John Harris, editore di “The Politico”, non ha dubbi in merito ed il New York Times ha pubblicato di recente un articolo nel quale afferma che lo staff di Bloomberg starebbe sondando il terreno “presidenziale” da ben due anni. Doug Bailey e Jerry Rafshoon, di Unity08 (l’organizzazione bipartisan che attraverso una covention on line potrebbe inserirsi nel contesto elettorale proponendo dei propri candidati ), hanno accolto la dipartita di Bloomberg dai Repubblicani con entusiasmo, dichiarando che il filantropo rappresenterebbe “il perfetto leader indipendente”. Unity08 potrebbe essere infatti la chiave d’accesso alla sua candidatura, poiche’ la sua struttura permetterebbe a Bloomberg di competere in tutti gli stati americani, evitando la burocrazia delle procedure elettorali. Il trait d’union tra il sindaco e l’organizzazione viene rafforzato poi da indiscrezioni relative ad alcuni finanziatori di Unity08, considerati molto vicini a Bloomberg.
Per Scott Reed, stratega del Partito repubblicano, la candidatura di Bloomberg nuocerebbe piu’ ai Democratici che ai repubblicani e prendendo ad esempio lo Stato di New York, luogo chiave per il partito di Hillary Clinton e Baraci Obama, questa affermazione e’ piu’ vera che mai. Bill Clinton fa sapere di essere felice che Bloomberg abbia lasciato il Partito repubblicano, ma anche di “non avere nulla da dire” sulla sua ipotetica corsa alla Casa Bianca perche’, riferendosi ovviamente alla moglie Hillary, lui “un candidato gia ce l’ha”. Ma e’ chiaro che, ad esempio, gli assegni milionari del filantropo Bloomberg alla “Carnegie Corporation”, una volta distribuiti alle numerosissime ed influenti associazioni newyorkesi, non faranno altro che insidiare un terreno da sempre piu’ favorevole e vicino ai Democratici.
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Sull'argomento : Will Bloomberg Swift-Boat Hillary?
Sunday, July 1, 2007
Rudy Giuliani: questione di leadership
Friday, June 29, 2007
Oops, Jimmy Carter did it again!
Come ( e se ) rispondera' Howard Dean alla letterina inviata dalla Republican Jewish Coalition e firmata da sei ex ambasciatori degli Stati Uniti, nella quale viene pregato vivamente di rimuovere Jimmy Carter dalla carica di presidente onorario dei democratici "abroad"?
La lettera viene in risposta alle recenti dichiarazioni di Carter che, tra le altre cose, avrebbe bollato il rifiuto degli Stati Uniti di accettare la vittoria di Hamas nel 2006 come “criminale".
Ps. Per chi non avesse familiarita' con le sparate di Jimmy Carter o per chi avesse voglia di (ri)perdere 5 minuti, qui l'intervista a Der Spiegel dello scorso anno.
La lettera viene in risposta alle recenti dichiarazioni di Carter che, tra le altre cose, avrebbe bollato il rifiuto degli Stati Uniti di accettare la vittoria di Hamas nel 2006 come “criminale".
Ps. Per chi non avesse familiarita' con le sparate di Jimmy Carter o per chi avesse voglia di (ri)perdere 5 minuti, qui l'intervista a Der Spiegel dello scorso anno.
Monday, June 25, 2007
Gay Pride a NY: l'importante è provocare la Chiesa
La decisione del sindaco Michael Bloomberg di unirsi al Gay Pride newyorkese di ieri a corteo iniziato (ma soprattutto solo una volta oltrepassata la Cattedrale di St. Patrick) ha scatenato un putiferio di polemiche. Insomma, poco importa che Bloomberg sia da sempre a favore dei matrimoni omosessuali e che abbia camminato a lungo, in testa al corteo, sventolando la bandierina arcobaleno. Che il sindaco di New York abbia voluto dare un colpo al cerchio (sfilando) e uno alla botte (rispettando i cattolici) è vero. Ma a leggere commenti come questo sembra proprio che il vero scopo del Gay Pride fosse provocare apertamente la Chiesa Cattolica.
Saturday, June 23, 2007
"Sicko"? Sucks!
"Sicko", l'ultima produzione cinematografica di quel "Big, fat, stupid white man" di Michael Moore, uscirà il 29 giugno nei cinema americani. La nuova fatica del regista non si limita solo raccontare - o meglio sputtanare - l'intero sistema sanitario americano, ma va ben oltre, proponendo una soluzione ai problemi della sanità americana. Come? Eliminando le assicurazioni private e rimpiazzandole con un massiccio programma federale. Roba da far commuovere il nostro presidente della Camera. E mentre Bertinotti ritaglia una foto di Micheal Moore e se la mette nel portafogli, i democratici (quelli che al tempo di "Fahrenheit 9/11" portavano il regista in palmo di mano) fanno orecchie da mercante. Hillary Clinton, Barack Obama e John Edwards sono stati letteralmente massacrati durante la proiezione in anteprima di Sicko a Washington. Commentando i loro programmi alla voce "sanità", Moore avrebbe detto che il programma di Hillary non è chiaro, quello di Edwards non va bene perché prevederebbe l’investimento di denaro pubblico in aziende private e quello di Obama non sarebbe abbastanza specifico.
La provocazione più grande arriva quando Moore vola a Cuba insieme a malati che, ovviamente, vengono curati e che, altrettanto ovviamente, ricevono un trattamento migliore di quello offerto dalle strutture americane. Insomma, nel paese dove notoriamente, grazie alla magnanimità di Fidel Castro, le persone non hanno neanche le lacrime per piangere, il sistema sanitario funziona alla perfezione. Cliniche a cinque stelle, dotate di apparecchiature all'avanguardia, dove tutti i malati del mondo vorrebbero farsi curare.
Che la sanità negli Stati Uniti possa essere migliorata è un dato di fatto, ma da questo a dire, come fa Moore, che il sistema sanitario cubano sia migliore di quello americano, è un'affermazione che rasenta il ridicolo. Per fortuna gli americani sono meno stupidi e creduloni di quanto Mr. Sicko pensi. Infatti, alla domanda "chi, tra Stati Uniti e Cuba, offre il servizio sanitario migliore?" hanno risposto così.
La provocazione più grande arriva quando Moore vola a Cuba insieme a malati che, ovviamente, vengono curati e che, altrettanto ovviamente, ricevono un trattamento migliore di quello offerto dalle strutture americane. Insomma, nel paese dove notoriamente, grazie alla magnanimità di Fidel Castro, le persone non hanno neanche le lacrime per piangere, il sistema sanitario funziona alla perfezione. Cliniche a cinque stelle, dotate di apparecchiature all'avanguardia, dove tutti i malati del mondo vorrebbero farsi curare.
Che la sanità negli Stati Uniti possa essere migliorata è un dato di fatto, ma da questo a dire, come fa Moore, che il sistema sanitario cubano sia migliore di quello americano, è un'affermazione che rasenta il ridicolo. Per fortuna gli americani sono meno stupidi e creduloni di quanto Mr. Sicko pensi. Infatti, alla domanda "chi, tra Stati Uniti e Cuba, offre il servizio sanitario migliore?" hanno risposto così.
Friday, June 22, 2007
Rudy Giuliani vs Fidel Castro
Il Rudy Giuliani che tutti noi amiamo.
«I find it particularly disturbing when American politicians and Hollywood people embrace Fidel Castro. I don’t know if they understand they are embracing a murderer, a dictator, a man who has been horrible to gays and lesbians, particularly focused on homosexuals», he said during a brief session with reporters. «He had a whole campaign to basically, I would call it torture gays and lesbians. I don’t get it when the Hollywood people kind of embrace him».Hat Tip: Bruce Bawer
Wednesday, June 20, 2007
Mr. Bloomberg scende dall'Elefante
Il sindaco di New York Michael Bloomberg ha lasciato il partito Repubblicano e si è dichiarato indipendente. Che sia questa la premessa per una sua eventuale candidatura alla presidenza della Casa Bianca? Lui dice di no, ma è probabile si tratti solo di pretattica. Una cosa è certa: il sindaco della Grande Mela ha viaggiato molto negli ultimi mesi al di là dei confini dei suoi “boroughs”, criticando apertamente il modus operandi della politica di Washington. Per Bloomberg, infatti, i temi e le questioni affrontati da Repubblicani e Democratici non sarebbero legati ad esigenze reali, ma avrebbero un sapore meramente “politico” , generando conseguenze che il primo cittadino di New York non ha paura a definire “disastrose” per gli americani.
Michael Bloomberg ha, dalla sua parte, vantaggi che pochissimi altri candidati nelle file indipendenti potrebbero avere. Non ha bisogno di pubblicità o presentazioni, poiché rimane uno degli uomini d’affari più conosciuti al mondo. L’essere sindaco, per ben due volte, della città più grande degli Stati Uniti non lo farebbe annoverare tra i neofiti della politica. Ma, soprattutto, l’immenso patrimonio del quale dispone (stimato in 5,3 miliardi di dollari) gli permetterebbe di entrare nella corsa alla nomination anche all’ultimo momento. Già lo scorso dicembre infatti, aveva fatto sapere che stanziare un budget di 500 milioni di dollari per una sua eventuale corsa alla Casa Bianca non sarebbe stato un problema.
Nonostante i candidati indipendenti nelle elezioni americane abbiano riscosso un discreto successo (Ross Perot raggiunse il 19% nelle presidenziali del 1992 e l’8% nel 1996), le chance di vittoria per un candidato slegato dai partiti sono poche. Il malumore e l’insoddisfazione che si registrano tra gli iscritti ad entrambi i partiti poi (soprattutto per la guerra in Iraq) non sembra preludere in alcun modo a uno spostamento di voti significativo verso un candidato indipendente.
La decisione di Bloomberg di lasciare il partito Repubblicano farà comunque tirare un sospiro di sollievo agli ultra conservatori, in perenne contrasto con il sindaco di New York che, ricordiamolo, si è sempre detto favorevole ad aborto, matrimoni tra omosessuali, ricerca sulle cellule staminali e controllo sulle armi da fuoco.
Michael Bloomberg ha, dalla sua parte, vantaggi che pochissimi altri candidati nelle file indipendenti potrebbero avere. Non ha bisogno di pubblicità o presentazioni, poiché rimane uno degli uomini d’affari più conosciuti al mondo. L’essere sindaco, per ben due volte, della città più grande degli Stati Uniti non lo farebbe annoverare tra i neofiti della politica. Ma, soprattutto, l’immenso patrimonio del quale dispone (stimato in 5,3 miliardi di dollari) gli permetterebbe di entrare nella corsa alla nomination anche all’ultimo momento. Già lo scorso dicembre infatti, aveva fatto sapere che stanziare un budget di 500 milioni di dollari per una sua eventuale corsa alla Casa Bianca non sarebbe stato un problema.
Nonostante i candidati indipendenti nelle elezioni americane abbiano riscosso un discreto successo (Ross Perot raggiunse il 19% nelle presidenziali del 1992 e l’8% nel 1996), le chance di vittoria per un candidato slegato dai partiti sono poche. Il malumore e l’insoddisfazione che si registrano tra gli iscritti ad entrambi i partiti poi (soprattutto per la guerra in Iraq) non sembra preludere in alcun modo a uno spostamento di voti significativo verso un candidato indipendente.
La decisione di Bloomberg di lasciare il partito Repubblicano farà comunque tirare un sospiro di sollievo agli ultra conservatori, in perenne contrasto con il sindaco di New York che, ricordiamolo, si è sempre detto favorevole ad aborto, matrimoni tra omosessuali, ricerca sulle cellule staminali e controllo sulle armi da fuoco.
Monday, June 18, 2007
Tutta colpa degli inglesi!
Da oggi “se qualcuno si facesse esplodere una bomba addosso, avrebbe tutte le ragioni per farlo”. Parola di Mohammed Ijaz ul-Haq, ministro degli Affari Religiosi del Pakistan, che ha così commentato la risoluzione votata dal governo del suo paese per protestare contro l’investitura a “Sir” di Salman Rushdie.
L’autore de “I Versetti Satanici” (contro il quale l’Ayatollah Khomeini aveva emesso nel 1989 una fatwa ordinandone l'assassinio, perché la sua opera insultava l’Islam) è stato investito del prestigioso titolo di "baronetto" per meriti letterari, in occasione del compleanno della Regina Elisabetta.
Quando si dice: tutta colpa degli inglesi!
L’autore de “I Versetti Satanici” (contro il quale l’Ayatollah Khomeini aveva emesso nel 1989 una fatwa ordinandone l'assassinio, perché la sua opera insultava l’Islam) è stato investito del prestigioso titolo di "baronetto" per meriti letterari, in occasione del compleanno della Regina Elisabetta.
Quando si dice: tutta colpa degli inglesi!
Sunday, June 17, 2007
Friday, June 15, 2007
Quando al Qaeda incontra Animal House
Storia di due sfigati che aderiscono ad al Qaeda per le famose 72 vergini. Una piccola boccata di sano umorismo politicamente scorretto che arriva, ancora una volta, da National Lampoon (Animal House, per capirci) con questo divertentissimo trailer.
Buona visione...
Hat tip: ¡NO PASÁRAN!
Buona visione...
Hat tip: ¡NO PASÁRAN!
Wednesday, June 13, 2007
Fred Thompson? He's in
Il candidato conservatore che prima non c’era, adesso c’è. Non lo ha ancora annunciato ufficialmente (questione di giorni, fanno sapere dal suo entourage), ma dopo aver comunicato ai produttori di "Law and Order" di voler lasciare il fortunatissimo serial televisivo per dedicarsi ad "altro", e aver creato quello che in gergo si chiama "testing the waters committee”, Fred Thompson, repubblicano, notissimo attore ed ex senatore del Tennessee, si è inserito di prepotenza nella corsa alla nomination per la Casa Bianca. Sa di potercela fare, e non nasconde più le sue intenzioni: partecipando all’ultima puntata del “The tonight show” di Jay Leno, Thompson ha ammesso il suo desiderio di voler “fare quelle cose che solo un presidente puo’ fare”.
Quanto piace Thompson all'elettorato repubblicano? Molto. Anzi, moltissimo. Tanto da proiettarlo in vetta alla classifica dei consensi in pochissimo tempo, dicono i sondaggi. In particolare, uno – recentissimo - realizzato da Rasmussen Reports lo colloca al primo posto insieme a Giuliani nel gradimento degli elettori del “grand old party”. Non solo. Il sondaggio evidenzia che il 59% degli elettori repubblicani è pronto ad accogliere positivamente il nuovo candidato, e che il 42% di loro considera Thompson "politically conservative". Dato interessante, se si pensa che la percentuale si dimezza per il capolista Giuliani. Le ragioni vanno cercate in uno dei temi più sentiti dall'elettorato repubblicano: l'aborto. Thompson, infatti, e' un "pro-life" (cioè un difensore della vita sin dal concepimento) mentre Giuliani e' – da sempre - un "pro-choice" (cioè a favore del diritto della madre di scegliere di abortire).
E’ Thompson a rappresentare quella boccata di aria conservatrice della quale il partito repubblicano sembra avere un gran bisogno? E’ presto per dirlo, ma i segnali ci sono tutti. E la sua agenda ha tutte le caratteristiche per piacere a quegli elettori repubblicani (e sono tanti) che non riescono a vedere in Giuliani e McCain il loro candidato ideale.
TASSE. Dalle pagine del Wall Street Journal Thompson dice chiaramente che livelli di tassazione minori si traducono in maggiori investimenti. Il suo indice è puntato contro chi, con i maggiori introiti fiscali, vorrebbe solo curare il proprio orticello politico aumentando la spesa pubblica.
IMMIGRAZIONE. Contrarissimo alla legge recentemente presentata, ritenuta da molti elettori conservatori una sanatoria mascherata, Thompson sostiene che il governo debba dimostrare agli americani di aver rafforzato efficacemente la sicurezza ai confini.
MEDIO ORIENTE. Sulla National Review Thompson ha denunciato il rischio rappresentato dal programma nucleare iraniano e ha difeso il sacrosanto diritto di Israele a proteggersi dai lanci di razzi palestinesi.
GLOBAL WARMING. Dal suo show “The Fred Thompson Report”, in onda su Abc radionetwork, ha liquidato con una battuta le smanie degli ecologisti sull’effetto serra. “E’ colpa di tutti gli industriali (alieni), che guidano Suv, stanno sempre con l’aria condizionata accesa e non riciclano, se anche Marte e Giove, che non hanno firmato il protocollo di Kyoto, si stanno surriscaldando?”.
IRAQ. Abbandonare la missione in Iraq adesso, sostiene Thompson, sarebbe un errore e darebbe ai sunniti la possibilità di riorganizzarsi e, seguendo l’esempio iraniano, di pensare al nucleare.
Sondaggi a parte, una cosa e’ sicura: di un rivale come lui, Giuliani e McCain avrebbero fatto volentieri a meno.
Quanto piace Thompson all'elettorato repubblicano? Molto. Anzi, moltissimo. Tanto da proiettarlo in vetta alla classifica dei consensi in pochissimo tempo, dicono i sondaggi. In particolare, uno – recentissimo - realizzato da Rasmussen Reports lo colloca al primo posto insieme a Giuliani nel gradimento degli elettori del “grand old party”. Non solo. Il sondaggio evidenzia che il 59% degli elettori repubblicani è pronto ad accogliere positivamente il nuovo candidato, e che il 42% di loro considera Thompson "politically conservative". Dato interessante, se si pensa che la percentuale si dimezza per il capolista Giuliani. Le ragioni vanno cercate in uno dei temi più sentiti dall'elettorato repubblicano: l'aborto. Thompson, infatti, e' un "pro-life" (cioè un difensore della vita sin dal concepimento) mentre Giuliani e' – da sempre - un "pro-choice" (cioè a favore del diritto della madre di scegliere di abortire).
E’ Thompson a rappresentare quella boccata di aria conservatrice della quale il partito repubblicano sembra avere un gran bisogno? E’ presto per dirlo, ma i segnali ci sono tutti. E la sua agenda ha tutte le caratteristiche per piacere a quegli elettori repubblicani (e sono tanti) che non riescono a vedere in Giuliani e McCain il loro candidato ideale.
TASSE. Dalle pagine del Wall Street Journal Thompson dice chiaramente che livelli di tassazione minori si traducono in maggiori investimenti. Il suo indice è puntato contro chi, con i maggiori introiti fiscali, vorrebbe solo curare il proprio orticello politico aumentando la spesa pubblica.
IMMIGRAZIONE. Contrarissimo alla legge recentemente presentata, ritenuta da molti elettori conservatori una sanatoria mascherata, Thompson sostiene che il governo debba dimostrare agli americani di aver rafforzato efficacemente la sicurezza ai confini.
MEDIO ORIENTE. Sulla National Review Thompson ha denunciato il rischio rappresentato dal programma nucleare iraniano e ha difeso il sacrosanto diritto di Israele a proteggersi dai lanci di razzi palestinesi.
GLOBAL WARMING. Dal suo show “The Fred Thompson Report”, in onda su Abc radionetwork, ha liquidato con una battuta le smanie degli ecologisti sull’effetto serra. “E’ colpa di tutti gli industriali (alieni), che guidano Suv, stanno sempre con l’aria condizionata accesa e non riciclano, se anche Marte e Giove, che non hanno firmato il protocollo di Kyoto, si stanno surriscaldando?”.
IRAQ. Abbandonare la missione in Iraq adesso, sostiene Thompson, sarebbe un errore e darebbe ai sunniti la possibilità di riorganizzarsi e, seguendo l’esempio iraniano, di pensare al nucleare.
Sondaggi a parte, una cosa e’ sicura: di un rivale come lui, Giuliani e McCain avrebbero fatto volentieri a meno.
Monday, June 11, 2007
A scuola di Islam nel centro di Brooklyn
di Giulia Francesca Panciera
Il dipartimento per l’educazione di New York propone l’apertura di una scuola pubblica dedicata esclusivamente all’insegnamento della lingua e della cultura araba. Ma la “Khalil Gibran International Academy" ha già diviso l’opinione pubblica sul concetto di istruzione pubblica e sul rischio di un insegnamento troppo “islamizzato”.
La “Khalil Gibran International Academy" è uno degli istituti accolti nel progetto di riforma del sistema scolastico newyorkese, avviato dal sindaco Bloomberg e dal titolare del dipartimento dell’istruzione Joel Klein.
La scuola, che prende il nome da un poeta e scrittore libanese, aprirà le sue classi il prossimo autunno a Brooklyn. Il curriculum dell’istituto sarà concentrato sullo studio della lingua e della cultura araba (islam incluso), anche se teoricamente l’accesso sarà aperto anche a studenti di origine non araba.
Il progetto è stato accolto con apparente entusiasmo pure dalla Anti Defamation League (l’organizzazione non-profit dedicata da più di 90 anni alla lotta contro l’antisemitismo) e potrà ricevere finanziamenti anche da associazioni esterne, come quello annunciato dalla Fondazione di Bill e Melinda Gates.
Nonostante le rassicurazioni del Dipartimento dell’Educazione newyorkese, che garantisce come “la scuola non sarà veicolo di ideologia politica”, le perplessità sono molto forti. Daniel Pipes, storico, giornalista e direttore del Middle East Forum, pone l’accento sul rischio di una islamizzazione degli studenti.
Preoccupazioni rese credibili dal fatto che buona parte dei rappresentanti nel consiglio della scuola, come la stessa direttrice Dhabah ‘Debbie’ Almontaser, siano religiosi musulmani e abbiano strettissime connessioni con istituzioni religiose o con associazioni controverse, come il Cair (Council on American-Islamic Relations), criticato per essere troppo vicino a gruppi estremisti islamici.
La stessa idea di un istituto completamente finanziato dai contribuenti, che sia focalizzato sull’insegnamento della lingua e della cultura araba, stride con il concetto di istruzione pubblica americana, da sempre – e sensatamente - orientato ad un’educazione priva di particolari “preferenze” nei confronti della moltitudine di razze, lingue e culture presenti negli Stati Uniti.
Nonostante la collocazione definitiva della “Khalil Gibran International Academy" sia ancora incerta, non rimane che fidarsi delle parole del titolare del dipartimento dell’Educazione della città di New York, Joel Klein, che promette di chiudere immediatamente l’istituto qualora dovesse trasformarsi in una scuola dai connotati religiosi o politici.
© Confronto
Il dipartimento per l’educazione di New York propone l’apertura di una scuola pubblica dedicata esclusivamente all’insegnamento della lingua e della cultura araba. Ma la “Khalil Gibran International Academy" ha già diviso l’opinione pubblica sul concetto di istruzione pubblica e sul rischio di un insegnamento troppo “islamizzato”.
La “Khalil Gibran International Academy" è uno degli istituti accolti nel progetto di riforma del sistema scolastico newyorkese, avviato dal sindaco Bloomberg e dal titolare del dipartimento dell’istruzione Joel Klein.
La scuola, che prende il nome da un poeta e scrittore libanese, aprirà le sue classi il prossimo autunno a Brooklyn. Il curriculum dell’istituto sarà concentrato sullo studio della lingua e della cultura araba (islam incluso), anche se teoricamente l’accesso sarà aperto anche a studenti di origine non araba.
Il progetto è stato accolto con apparente entusiasmo pure dalla Anti Defamation League (l’organizzazione non-profit dedicata da più di 90 anni alla lotta contro l’antisemitismo) e potrà ricevere finanziamenti anche da associazioni esterne, come quello annunciato dalla Fondazione di Bill e Melinda Gates.
Nonostante le rassicurazioni del Dipartimento dell’Educazione newyorkese, che garantisce come “la scuola non sarà veicolo di ideologia politica”, le perplessità sono molto forti. Daniel Pipes, storico, giornalista e direttore del Middle East Forum, pone l’accento sul rischio di una islamizzazione degli studenti.
Preoccupazioni rese credibili dal fatto che buona parte dei rappresentanti nel consiglio della scuola, come la stessa direttrice Dhabah ‘Debbie’ Almontaser, siano religiosi musulmani e abbiano strettissime connessioni con istituzioni religiose o con associazioni controverse, come il Cair (Council on American-Islamic Relations), criticato per essere troppo vicino a gruppi estremisti islamici.
La stessa idea di un istituto completamente finanziato dai contribuenti, che sia focalizzato sull’insegnamento della lingua e della cultura araba, stride con il concetto di istruzione pubblica americana, da sempre – e sensatamente - orientato ad un’educazione priva di particolari “preferenze” nei confronti della moltitudine di razze, lingue e culture presenti negli Stati Uniti.
Nonostante la collocazione definitiva della “Khalil Gibran International Academy" sia ancora incerta, non rimane che fidarsi delle parole del titolare del dipartimento dell’Educazione della città di New York, Joel Klein, che promette di chiudere immediatamente l’istituto qualora dovesse trasformarsi in una scuola dai connotati religiosi o politici.
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Friday, June 8, 2007
Bush in Italia e la retorica dei comunisti
La visita del Presidente Bush in Italia sarà caratterizzata, anche questa volta, dall’ennesima dimostrazione di come, in certi ambienti, libertà e democrazia abbiano un sapore molto soggettivo. Parte della sinistra italiana scenderà in piazza, insieme all’amalgama dai mille nomi comunemente chiamata no global (che più global di così si muore), per dire “basta alla guerra”. Fantastico: una lezione di democrazia e pacifismo sponsorizzata da violenti e comunisti. Sembra una barzelletta. Soffrono di amnesia e schizofrenia. Dimenticano che gli Stati Uniti sono la nazione che nella libertà ha basato la sua esistenza, ma inneggiano a Cuba e plaudono alla Cina comunista, dove gli oppositori al regime vengono imprigionati, torturati e ammazzati. Nei momenti di massima eccitazione sono pronti a tirare fuori dalla tasca un accendino e dare fuoco a qualche bandiera e se a bruciare poi ce ne fosse una con la stella di David, avrebbero la bava alla bocca come Cujo. Ed ecco che Bush viene paragonato a Hitler. Israele alla Germania nazista, ma tendono a giustificare chi si mette una cintura di tritolo e si fa saltar per aria. E se a morire è qualche ebreo, le comunità virtuali degli aficionados delle osterie modello “sbirro morto” si animano di faccente sorridenti. Dicono “no alla guerra”, ma scompaiono se si parla dell’Iran di Ahmadinejad. Il Darfur? Non sanno cosa sia. Il Venezuela di Chavez? Troppo lontano.
In piazza i paladini della ‘A cerchiata’ sono duri e puri contro questo e contro quello, ma vis-á-vis mettono gli ideali nelle tasche dei pantaloni - e se li calano - quando il comune compra un centro sociale (Venezia docet), paga le bollette e i vizietti con il tanto vituperato denaro pubblico.
Sbraitano, si arrampicano sui tetti con un’agilità che non avranno mai dimostrato in un minuto di educazione fisica alle superiori, creano gli slogan e le rime più variopinte e mostrano un’energia che se impiegassero al lavoro farebbero dell’Italia il paese più produttivo del mondo. Berlusconi ha ragione a dire “mi vergogno” e non è sicuramente il solo ad esserlo. Parliamoci chiaro: nessuno mette in discussione il diritto a manifestare, ci mancherebbe altro. La libertà di espressione e di pensiero sono il succo delle democrazia. Ma queste sono qualcosa di diverso. Sono uno schiaffo alla pazienza e un insulto al senso civico che dovrebbe regnare sovrano nei paesi democratici come il diritto alla libertà di espressione. Quest’ultimo invece, si traduce in questa occasione –e in tutte le altre - in libertà di distruzione. In libertà di limitare la libertà e la sicurezza altrui per il gusto e il bisogno di sfogare istinti repressi. Se così non fosse non ci sarebbe la necessità di chiudere le scuole, di impiegare migliaia di agenti o di pregare i cittadini americani in visita a Roma di cambiare aria e stare lontani dai cortei. Se così non fosse i muri romani rimarrebbero puliti, i cassonetti starebbero al loro posto, le vetrine dei negozi intatte e gli unici ad essere felici sarebbero gli alimentari e i tabaccai, che tra cartine, sigarette, panini e birre svolterebbero la giornata. Ovvio, a pancia piena tutto si fa meglio, anche le manifestazioni.
In piazza i paladini della ‘A cerchiata’ sono duri e puri contro questo e contro quello, ma vis-á-vis mettono gli ideali nelle tasche dei pantaloni - e se li calano - quando il comune compra un centro sociale (Venezia docet), paga le bollette e i vizietti con il tanto vituperato denaro pubblico.
Sbraitano, si arrampicano sui tetti con un’agilità che non avranno mai dimostrato in un minuto di educazione fisica alle superiori, creano gli slogan e le rime più variopinte e mostrano un’energia che se impiegassero al lavoro farebbero dell’Italia il paese più produttivo del mondo. Berlusconi ha ragione a dire “mi vergogno” e non è sicuramente il solo ad esserlo. Parliamoci chiaro: nessuno mette in discussione il diritto a manifestare, ci mancherebbe altro. La libertà di espressione e di pensiero sono il succo delle democrazia. Ma queste sono qualcosa di diverso. Sono uno schiaffo alla pazienza e un insulto al senso civico che dovrebbe regnare sovrano nei paesi democratici come il diritto alla libertà di espressione. Quest’ultimo invece, si traduce in questa occasione –e in tutte le altre - in libertà di distruzione. In libertà di limitare la libertà e la sicurezza altrui per il gusto e il bisogno di sfogare istinti repressi. Se così non fosse non ci sarebbe la necessità di chiudere le scuole, di impiegare migliaia di agenti o di pregare i cittadini americani in visita a Roma di cambiare aria e stare lontani dai cortei. Se così non fosse i muri romani rimarrebbero puliti, i cassonetti starebbero al loro posto, le vetrine dei negozi intatte e gli unici ad essere felici sarebbero gli alimentari e i tabaccai, che tra cartine, sigarette, panini e birre svolterebbero la giornata. Ovvio, a pancia piena tutto si fa meglio, anche le manifestazioni.
Friday, May 18, 2007
"Islam vs. Islamist", il documentario incriminato
di Giulia Francesca Panciera
La televisione pubblica Usa investe piú di 600 mila dollari in un progetto che poi decide di non mandare in onda. Il documentario Muslim vs Islamist viene censurato perché prova come gli estremisti islamici stiano cercando di creare "societá parallele", in America ed in Europa, dove l'unica legge ammessa è la Sharia.
L'establishment dei media americani, in gran parte liberal e nemico dei conservatori, in nome del "freedom of speech" ha sempre difeso il diritto di pubblicare e mandare in onda anche l'indifendibile. Ma adesso sembra aver fatto un repentino dietrofront dinanzi a un documentario sull'estremismo islamico che stava per essere trasmesso dalla Pbs, importante rete televisiva pubblica americana. I paladini della libertà d'espressione, stavolta, si sono strasformati in difensori della censura.
Islam vs. Islamist: Voices from the Muslim Center" è uno dei documentari inizialmente previsti in un progetto chiamato America at a Crossroads, una miniserie nata con l'intento di rappresentare l'impatto che gli attentati dell'11 settembre hanno avuto non solo sulla società americana, ma sul mondo occidentale nel suo complesso.
Il documentario, costato più di 600 mila dollari, indagava sul conflitto emerso nelle comunitá islamiche americane ed europee dopo gli attacchi del 2001, testimoniando come i mussulmani moderati siano stati messi a tacere, con le minacce, dalle fazioni più radicali. Non solo. Documentava, in modo chiaro ed accurato, come uno degli obiettivi degli estremisti islamici sia proprio la creazione di società parallele, di veri e propri "microstati" regolati dalla Sharia all'interno degli Stati occidentali.
Bollato come fazioso dal managment del canale pubblico, “Islam vs Islamist” mostra in realtà ambedue i volti della religione di Maometto. Non omette di citare i mussulmani che, seguendo un modello di pace e tolleranza, denunciano – spesso pagando caro - la diffusione del terrore in nome dell'Islam.
Riporta casi di mussulmani che, per avere difeso il modello di democrazia liberale occidentale, sono stati attaccati dai loro correligionari impegnati a costruire un mondo dove l'Islam sia l'unico sistema politico-religioso. Così, anche grazie a questa censura, una delle domande piú ricorrenti tra gli americani, e cioè se esistano davvero mussulmani moderati, fará fatica a trovare risposta.
© Confronto
La televisione pubblica Usa investe piú di 600 mila dollari in un progetto che poi decide di non mandare in onda. Il documentario Muslim vs Islamist viene censurato perché prova come gli estremisti islamici stiano cercando di creare "societá parallele", in America ed in Europa, dove l'unica legge ammessa è la Sharia.
L'establishment dei media americani, in gran parte liberal e nemico dei conservatori, in nome del "freedom of speech" ha sempre difeso il diritto di pubblicare e mandare in onda anche l'indifendibile. Ma adesso sembra aver fatto un repentino dietrofront dinanzi a un documentario sull'estremismo islamico che stava per essere trasmesso dalla Pbs, importante rete televisiva pubblica americana. I paladini della libertà d'espressione, stavolta, si sono strasformati in difensori della censura.
Islam vs. Islamist: Voices from the Muslim Center" è uno dei documentari inizialmente previsti in un progetto chiamato America at a Crossroads, una miniserie nata con l'intento di rappresentare l'impatto che gli attentati dell'11 settembre hanno avuto non solo sulla società americana, ma sul mondo occidentale nel suo complesso.
Il documentario, costato più di 600 mila dollari, indagava sul conflitto emerso nelle comunitá islamiche americane ed europee dopo gli attacchi del 2001, testimoniando come i mussulmani moderati siano stati messi a tacere, con le minacce, dalle fazioni più radicali. Non solo. Documentava, in modo chiaro ed accurato, come uno degli obiettivi degli estremisti islamici sia proprio la creazione di società parallele, di veri e propri "microstati" regolati dalla Sharia all'interno degli Stati occidentali.
Bollato come fazioso dal managment del canale pubblico, “Islam vs Islamist” mostra in realtà ambedue i volti della religione di Maometto. Non omette di citare i mussulmani che, seguendo un modello di pace e tolleranza, denunciano – spesso pagando caro - la diffusione del terrore in nome dell'Islam.
Riporta casi di mussulmani che, per avere difeso il modello di democrazia liberale occidentale, sono stati attaccati dai loro correligionari impegnati a costruire un mondo dove l'Islam sia l'unico sistema politico-religioso. Così, anche grazie a questa censura, una delle domande piú ricorrenti tra gli americani, e cioè se esistano davvero mussulmani moderati, fará fatica a trovare risposta.
© Confronto
I sindaci americani: meno privacy, piu' sicurezza
di Giulia Francesca Panciera
L'alleanza tra sindaci americani che, con "Mayors against illegal guns", si batte per l'abolizione di un emendamento che limita l'accesso ad informazioni sensibili legate alle armi da fuoco. Ad un anno di distanza, la coalizione bipartisan continua a crescere raccogliendo adesioni da tutte le maggiori città degli Stati Uniti.
E’ l'argomento sulla bocca di tutti i politici americani dal 12 settembre 2001: è giusto limitare la privacy delle persone per garantire più sicurezza al proprio Paese? Il quesito se lo sono posto anche centinaia di sindaci americani che, aderendo a "Mayors against illegal guns", coalizione bipartisan di primi cittadini, si battono per chiedere ai membri del Congresso la modifica ad una legge che di fatto, in nome della privacy, rallenta e limita il lavoro delle forze dell'ordine nella quotidiana battaglia contro il traffico illegale delle armi. Ma sono in molti, a Washington, quelli che si oppongono alle loro richieste.
Dopo la tragedia al campus del Virginia Tech il confronto tra i due schieramenti si è fatto ancora più aspro. Nata un anno fa per iniziativa congiunta del primo cittadino di New York, Micheal Bloomberg, e di quello di Boston, Thomas Menino, l'organizzazione ha raggiunto un livello di adesioni tale da rappresentare, con i suoi sindaci, oltre 30 milioni di americani. Animati dall'interesse comune di stanare il traffico illegale di armi da fuoco e allarmati dall'aumento di omicidi nelle proprie cittá, chiedono l'abolizione del cosiddetto "Tiahrt Amendment".
L'emendamento, che prende il nome del deputato repubblicano del Kansas, Todd Tiahrt, che lo propose, limita non solo l'accesso, ma anche l'uso, da parte di forze dell'ordine ed amministrazioni locali, dei dati sulle armi da fuoco in possesso dell'ATF (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, l'ente federale americano che regola, tra le altre cose, la vendita ed il possesso di armi ed esplosivi). Se queste restrizioni vengono giustificate, da un lato, dalla tutela della privacy dei possessori di armi, dall'altro hanno un effetto deleterio per i tutori della legge, limitandone il campo investigativo e giudiziario.
Come sottolineato più volte da Bloomberg, una lezione che gli Stati Uniti avrebbero dovuto imparare dagli attacchi dell'11 settembre è proprio "la necessità di dialogo tra le varie forze di polizia". La recentissima strage al Virginia Tech, il campus universitario nella quale hanno perso la vita 32 studenti, non ha fatto altro che ricordare nel modo più tragico come lo scambio di informazioni tra i vari organi federali sia vitale. A causa dei suoi problemi mentali, infatti, il killer Seung-Hui Cho era stato giudicato "pericoloso per sé stesso".
Questa speciale sentenza, emessa nel 2005, lo avrebbe inserito tra l'elenco di persone al quale sarebbe stato proibito l'acquisto di armi su tutto il territorio americano. Purtroppo il suo nome non è mai stato trasmesso alle autoritá statali o federali, impedendo quindi i dovuti accertamenti. Una bugia sul suo stato di salute mentale e poche centinaia di dollari hanno dato infatti la possibilità al giovane psicopatico di acquistare legalmente le armi e le munizioni necessarie per portare a termine il massacro premeditato.
© Confronto
L'alleanza tra sindaci americani che, con "Mayors against illegal guns", si batte per l'abolizione di un emendamento che limita l'accesso ad informazioni sensibili legate alle armi da fuoco. Ad un anno di distanza, la coalizione bipartisan continua a crescere raccogliendo adesioni da tutte le maggiori città degli Stati Uniti.
E’ l'argomento sulla bocca di tutti i politici americani dal 12 settembre 2001: è giusto limitare la privacy delle persone per garantire più sicurezza al proprio Paese? Il quesito se lo sono posto anche centinaia di sindaci americani che, aderendo a "Mayors against illegal guns", coalizione bipartisan di primi cittadini, si battono per chiedere ai membri del Congresso la modifica ad una legge che di fatto, in nome della privacy, rallenta e limita il lavoro delle forze dell'ordine nella quotidiana battaglia contro il traffico illegale delle armi. Ma sono in molti, a Washington, quelli che si oppongono alle loro richieste.
Dopo la tragedia al campus del Virginia Tech il confronto tra i due schieramenti si è fatto ancora più aspro. Nata un anno fa per iniziativa congiunta del primo cittadino di New York, Micheal Bloomberg, e di quello di Boston, Thomas Menino, l'organizzazione ha raggiunto un livello di adesioni tale da rappresentare, con i suoi sindaci, oltre 30 milioni di americani. Animati dall'interesse comune di stanare il traffico illegale di armi da fuoco e allarmati dall'aumento di omicidi nelle proprie cittá, chiedono l'abolizione del cosiddetto "Tiahrt Amendment".
L'emendamento, che prende il nome del deputato repubblicano del Kansas, Todd Tiahrt, che lo propose, limita non solo l'accesso, ma anche l'uso, da parte di forze dell'ordine ed amministrazioni locali, dei dati sulle armi da fuoco in possesso dell'ATF (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, l'ente federale americano che regola, tra le altre cose, la vendita ed il possesso di armi ed esplosivi). Se queste restrizioni vengono giustificate, da un lato, dalla tutela della privacy dei possessori di armi, dall'altro hanno un effetto deleterio per i tutori della legge, limitandone il campo investigativo e giudiziario.
Come sottolineato più volte da Bloomberg, una lezione che gli Stati Uniti avrebbero dovuto imparare dagli attacchi dell'11 settembre è proprio "la necessità di dialogo tra le varie forze di polizia". La recentissima strage al Virginia Tech, il campus universitario nella quale hanno perso la vita 32 studenti, non ha fatto altro che ricordare nel modo più tragico come lo scambio di informazioni tra i vari organi federali sia vitale. A causa dei suoi problemi mentali, infatti, il killer Seung-Hui Cho era stato giudicato "pericoloso per sé stesso".
Questa speciale sentenza, emessa nel 2005, lo avrebbe inserito tra l'elenco di persone al quale sarebbe stato proibito l'acquisto di armi su tutto il territorio americano. Purtroppo il suo nome non è mai stato trasmesso alle autoritá statali o federali, impedendo quindi i dovuti accertamenti. Una bugia sul suo stato di salute mentale e poche centinaia di dollari hanno dato infatti la possibilità al giovane psicopatico di acquistare legalmente le armi e le munizioni necessarie per portare a termine il massacro premeditato.
© Confronto
Usa, le elezioni sono una sfida a colpi di click
di Giulia Francesca Panciera
Nonostante manchino ancora diversi mesi alle primarie la corsa per aggiudicarsi la candidatura alla Casa Bianca è cominciata da tempo, soprattutto sul web. Democratici e Repubblicani fanno a gara per trovare supporter su Internet. E qualche volta, come ha sperimentato sulla propria pelle McCain, cadono vittime di pesanti scherzi.
Il massiccio spiegamento di forze on line, a sostegno dei possibili candidati in corsa per le prossime elezioni americane, testimonia ancora una volta come il ruolo di Internet si stia sempre più espandendo e diversificando.
L’attenzione dedicata alla comunicazione via web, da parte di chi spera di avere un ruolo di primo piano nella corsa alla Casa Bianca, è più che raddoppiata rispetto alle precedenti tornate elettorali. Gli staff dei candidati contano su “internet strategist” di prim’ordine ed i siti personali, pur rimanendo un validissimo strumento per la raccolta dei preziosi finanziamenti che, da sempre, muovono le mastodontiche campagne elettorali americane, si sono evoluti.
L’aggiornamento è meticoloso e veloce, per non dire istantaneo, mentre il rapporto con i propri supporters è rapido e diretto attraverso l’utilizzo di video, chat, blogs e gruppi di discussione interattivi. Un uso così dinamico della rete potrebbe anche dimostrarsi la carta vincente per arrivare ad un target sempre molto difficile da raggiungere, quello dei giovani elettori.
Questa è sicuramente una delle ragioni che ha spinto molti degli aspiranti candidati alle prossime elezioni americane, ad aderire alle iniziative di YouTube e Myspace, che con “YouTube You Choose '08” e “Myspace impact” hanno creato delle sezioni ad hoc per le presidenziali del 2008. L’invito è stato raccolto da molti candidati. Tra di essi i democratici Barack Obama, John Edwards, Hillary Clinton, Joseph Biden, Bill Richardson e Dennis Kucinich. Ci sono anche i repubblicani Rudy Giuliani, Mitt Romney e John McCain.
Quest’ultimo, lo scorso 27 marzo, proprio su Myspace è stato vittima di un piccolo scherzo, come lo ha definito il suo autore, Mike Davidson. Il senatore dell’Arizona ha visto modificare la propria pagina da un annuncio molto poco ‘republican’, nel quale informava i propri sostenitori di aver cambiato posizione in fatto di coppie gay, dando pieno sostegno ai matrimoni tra omosessuali, in particolare quelli tra donne appassionate.
Hackeraggio pre elettorale? No, solamente un errore del team di McCain che, per la costruzione della pagina, avrebbe utilizzato un’immagine collegata direttamente al sito di Davidson, il quale una volta accortosi della cosa – soprattutto dell’assenza di riferimenti nei credits - è andato a modificare quella sul proprio server, inserendo il bizzarro annuncio.
© Confronto
Nonostante manchino ancora diversi mesi alle primarie la corsa per aggiudicarsi la candidatura alla Casa Bianca è cominciata da tempo, soprattutto sul web. Democratici e Repubblicani fanno a gara per trovare supporter su Internet. E qualche volta, come ha sperimentato sulla propria pelle McCain, cadono vittime di pesanti scherzi.
Il massiccio spiegamento di forze on line, a sostegno dei possibili candidati in corsa per le prossime elezioni americane, testimonia ancora una volta come il ruolo di Internet si stia sempre più espandendo e diversificando.
L’attenzione dedicata alla comunicazione via web, da parte di chi spera di avere un ruolo di primo piano nella corsa alla Casa Bianca, è più che raddoppiata rispetto alle precedenti tornate elettorali. Gli staff dei candidati contano su “internet strategist” di prim’ordine ed i siti personali, pur rimanendo un validissimo strumento per la raccolta dei preziosi finanziamenti che, da sempre, muovono le mastodontiche campagne elettorali americane, si sono evoluti.
L’aggiornamento è meticoloso e veloce, per non dire istantaneo, mentre il rapporto con i propri supporters è rapido e diretto attraverso l’utilizzo di video, chat, blogs e gruppi di discussione interattivi. Un uso così dinamico della rete potrebbe anche dimostrarsi la carta vincente per arrivare ad un target sempre molto difficile da raggiungere, quello dei giovani elettori.
Questa è sicuramente una delle ragioni che ha spinto molti degli aspiranti candidati alle prossime elezioni americane, ad aderire alle iniziative di YouTube e Myspace, che con “YouTube You Choose '08” e “Myspace impact” hanno creato delle sezioni ad hoc per le presidenziali del 2008. L’invito è stato raccolto da molti candidati. Tra di essi i democratici Barack Obama, John Edwards, Hillary Clinton, Joseph Biden, Bill Richardson e Dennis Kucinich. Ci sono anche i repubblicani Rudy Giuliani, Mitt Romney e John McCain.
Quest’ultimo, lo scorso 27 marzo, proprio su Myspace è stato vittima di un piccolo scherzo, come lo ha definito il suo autore, Mike Davidson. Il senatore dell’Arizona ha visto modificare la propria pagina da un annuncio molto poco ‘republican’, nel quale informava i propri sostenitori di aver cambiato posizione in fatto di coppie gay, dando pieno sostegno ai matrimoni tra omosessuali, in particolare quelli tra donne appassionate.
Hackeraggio pre elettorale? No, solamente un errore del team di McCain che, per la costruzione della pagina, avrebbe utilizzato un’immagine collegata direttamente al sito di Davidson, il quale una volta accortosi della cosa – soprattutto dell’assenza di riferimenti nei credits - è andato a modificare quella sul proprio server, inserendo il bizzarro annuncio.
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Violenza sulle donne, l'Onu punta ancora il dito su Israele
di Giulia Francesca Panciera
La commissione delle Nazioni Unite per lo Status delle Donne nel mondo accusa Israele di violare i diritti delle donne palestinesi nei territori occupati, ignorando le atrocità commesse nella maggioranza dei paesi islamici o in Cina. Anche l’Unione europea vota una risoluzione che incontra il “no” dei soli Usa e Canada.
E’ Israele il Paese che, in tutto il mondo, tratta peggio le donne. Più degli stati dove vige la sharia e alle donne è vietato andare a scuola, lavorare, guidare l’automobile. Più di quei Paesi dove stupri etnici e aborti forzati sono all’ordine del giorno. E’ la sconcertante conclusione cui è giunta, anche quest’anno, la commissione delle Nazioni Unite per lo Status delle Donne nel mondo.
Istituita nel 1946, questa commissione ha come scopo ufficiale principale quello di valutare il progresso dell’uguaglianza dei diritti delle donne nel mondo in campo politico, economico e sociale. La commissione si riunisce ogni anno per dieci giorni, generalmente tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, ed elabora raccomandazioni al Consiglio Economico e Sociale dell’Onu su problemi che richiedono interventi immediati.
Nella sua ultima sessione, la commissione ha individuato Israele come il solo stato al mondo in palese violazione dei diritti delle donne: quelle palestinesi nei territori occupati. La notizia stupisce proprio per quello strabismo a senso unico che caratterizza spesso le Nazioni Unite. Nel rapporto della Commissione, infatti, non si trovano, come sarebbe lecito aspettarsi, denunce relative alla situazione delle donne nel vicino Iran, lapidate a morte in caso di adulterio.
Non vengono menzionate – a puro titolo d’esempio - Giordania o Siria, dove il delitto d’onore è una prassi consolidata non punibile per legge. Nessun accenno alla Cina, che per mantenere a regime il controllo pianificato delle nascite non disdegna l’uso di sterilizzazioni o aborti forzati. Nemmeno una riga sul genocidio che sta devastando il Darfur, dove violenze sessuali e mutilazioni sono all’ordine del giorno.
La risoluzione, presentata dal Pakistan per conto del cosiddetto "Gruppo dei 77" – l’organizzazione intergovernativa formata dai paesi in via di sviluppo - più la Cina, è stata approvata incassando solo due voti contrari, quelli di Canada e Stati Uniti. Questi ultimi, spiegando la ragioni del loro dissenso, hanno sottolineato che “risoluzioni a senso unico” come questa, che ignorano le conseguenze dovute agli attacchi terroristici palestinesi ai danni delle donne israeliane, finiscono per limitare la capacità delle Nazioni Unite di svolgere un ruolo costruttivo in Medio Oriente.
La Germania, al contrario, a nome e per conto dell’Unione Europea, pur dichiarandosi “profondamente preoccupata” per l’impatto che la situazione nei territori occupati ha sia sulle donne palestinesi che su quelle israeliane, ha deciso di dare il proprio voto favorevole ad una risoluzione che, come ha sostenuto il rappresentante israeliano, altro non fa che sottolineare “il forte contrasto tra realtà e retorica” che regna alle Nazioni Unite.
© Confronto
La commissione delle Nazioni Unite per lo Status delle Donne nel mondo accusa Israele di violare i diritti delle donne palestinesi nei territori occupati, ignorando le atrocità commesse nella maggioranza dei paesi islamici o in Cina. Anche l’Unione europea vota una risoluzione che incontra il “no” dei soli Usa e Canada.
E’ Israele il Paese che, in tutto il mondo, tratta peggio le donne. Più degli stati dove vige la sharia e alle donne è vietato andare a scuola, lavorare, guidare l’automobile. Più di quei Paesi dove stupri etnici e aborti forzati sono all’ordine del giorno. E’ la sconcertante conclusione cui è giunta, anche quest’anno, la commissione delle Nazioni Unite per lo Status delle Donne nel mondo.
Istituita nel 1946, questa commissione ha come scopo ufficiale principale quello di valutare il progresso dell’uguaglianza dei diritti delle donne nel mondo in campo politico, economico e sociale. La commissione si riunisce ogni anno per dieci giorni, generalmente tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, ed elabora raccomandazioni al Consiglio Economico e Sociale dell’Onu su problemi che richiedono interventi immediati.
Nella sua ultima sessione, la commissione ha individuato Israele come il solo stato al mondo in palese violazione dei diritti delle donne: quelle palestinesi nei territori occupati. La notizia stupisce proprio per quello strabismo a senso unico che caratterizza spesso le Nazioni Unite. Nel rapporto della Commissione, infatti, non si trovano, come sarebbe lecito aspettarsi, denunce relative alla situazione delle donne nel vicino Iran, lapidate a morte in caso di adulterio.
Non vengono menzionate – a puro titolo d’esempio - Giordania o Siria, dove il delitto d’onore è una prassi consolidata non punibile per legge. Nessun accenno alla Cina, che per mantenere a regime il controllo pianificato delle nascite non disdegna l’uso di sterilizzazioni o aborti forzati. Nemmeno una riga sul genocidio che sta devastando il Darfur, dove violenze sessuali e mutilazioni sono all’ordine del giorno.
La risoluzione, presentata dal Pakistan per conto del cosiddetto "Gruppo dei 77" – l’organizzazione intergovernativa formata dai paesi in via di sviluppo - più la Cina, è stata approvata incassando solo due voti contrari, quelli di Canada e Stati Uniti. Questi ultimi, spiegando la ragioni del loro dissenso, hanno sottolineato che “risoluzioni a senso unico” come questa, che ignorano le conseguenze dovute agli attacchi terroristici palestinesi ai danni delle donne israeliane, finiscono per limitare la capacità delle Nazioni Unite di svolgere un ruolo costruttivo in Medio Oriente.
La Germania, al contrario, a nome e per conto dell’Unione Europea, pur dichiarandosi “profondamente preoccupata” per l’impatto che la situazione nei territori occupati ha sia sulle donne palestinesi che su quelle israeliane, ha deciso di dare il proprio voto favorevole ad una risoluzione che, come ha sostenuto il rappresentante israeliano, altro non fa che sottolineare “il forte contrasto tra realtà e retorica” che regna alle Nazioni Unite.
© Confronto
Usa: Repubblicano, democratico o Unity 08?
di Giulia Francesca Panciera
La scelta di candidati bipartisan alle prossime presidenziali americane attraverso un sistema di voto on line. Per la prima volta nella storia della politica americana (e non) l’elezione bipartisan dei futuri candidati alla presidenza e alla vicepresidenza degli Stati Uniti d’America attraverso una convention rigorosamente on line.
Se non avesse tra i suoi padri fondatori nomi di tutto rilievo nella politica americana, potrebbe, con molta probabilità, essere considerato l’ennesimo movimento pronto ad urlare via web la propria insoddisfazione per come viene gestita la politica negli Stati Uniti o per come siano cambiati i partiti che la rappresentano. Non è questo il caso di Unity08, che ha in mente un progetto ambizioso unico: quello di effettuare per la prima volta nella storia della politica americana (e non) l’elezione bipartisan dei futuri candidati alla presidenza e alla vicepresidenza degli Stati Uniti attraverso una convention rigorosamente on line.
Nato nel 2006 come organizzazione non-profit, vede tra i suoi fondatori figure note al mondo politico americano, come i democratici Gerald Rafshoon e Hamilton Jordan (entrambi ebbero ruoli di primissimo piano durante la presidenza di Jimmy Carter) o Doug Bailey ( per anni consulente del partito Repubblicano e fondatore di “Thehotline”, il famoso bollettino quotidiano di informazione politica). E ancora l’ex governatore indipendente del Maine, Angus King, oltre ad importanti nomi legati al mondo accademico statunitense. Il movimento conta tra i suoi più entusiasti sostenitori anche Sam Waterston, star della televisione americana, noto agli appassionati della fiction NBC “Law & Order” come il viceprocuratore distrettuale Jack McCoy.
L’idea di Unity08 è scaturita dai risultati di una ricerca, commissionata dal movimento ed effettuata dalla Princeton Survey Research. Lo studio ha dimostrato come ben il 74 per cento degli americani sia insoddisfatto di come vadano le cose nel proprio paese, registrando il dissenso piu’ alto degli ultimi 13 anni. Oltre l’80 per cento degli intervistati, inoltre, non ha avuto dubbi nel sostenere che il proprio paese si sia polarizzato attorno ai partiti Repubblicano e Democratico e che Washington non sembri fare molti progressi per risolvere i problemi nazionali. Ma soprattutto il 73 per cento è d’accordo nel sostenere che sarebbe una buona idea per gli Stati Uniti quella di avere più scelte nelle elezioni presidenziali del 2008 che non siano limitati a quelle proposte dai due partiti esistenti. Unity08 non vuole proporsi all’elettorato americano come un terzo partito. Al contrario vuole dare una scossa a quelli già esistenti, facendo da microfono ai milioni di cittadini che spingono verso un ritorno a posizioni più centriste della politica americana.
© Confronto
La scelta di candidati bipartisan alle prossime presidenziali americane attraverso un sistema di voto on line. Per la prima volta nella storia della politica americana (e non) l’elezione bipartisan dei futuri candidati alla presidenza e alla vicepresidenza degli Stati Uniti d’America attraverso una convention rigorosamente on line.
Se non avesse tra i suoi padri fondatori nomi di tutto rilievo nella politica americana, potrebbe, con molta probabilità, essere considerato l’ennesimo movimento pronto ad urlare via web la propria insoddisfazione per come viene gestita la politica negli Stati Uniti o per come siano cambiati i partiti che la rappresentano. Non è questo il caso di Unity08, che ha in mente un progetto ambizioso unico: quello di effettuare per la prima volta nella storia della politica americana (e non) l’elezione bipartisan dei futuri candidati alla presidenza e alla vicepresidenza degli Stati Uniti attraverso una convention rigorosamente on line.
Nato nel 2006 come organizzazione non-profit, vede tra i suoi fondatori figure note al mondo politico americano, come i democratici Gerald Rafshoon e Hamilton Jordan (entrambi ebbero ruoli di primissimo piano durante la presidenza di Jimmy Carter) o Doug Bailey ( per anni consulente del partito Repubblicano e fondatore di “Thehotline”, il famoso bollettino quotidiano di informazione politica). E ancora l’ex governatore indipendente del Maine, Angus King, oltre ad importanti nomi legati al mondo accademico statunitense. Il movimento conta tra i suoi più entusiasti sostenitori anche Sam Waterston, star della televisione americana, noto agli appassionati della fiction NBC “Law & Order” come il viceprocuratore distrettuale Jack McCoy.
L’idea di Unity08 è scaturita dai risultati di una ricerca, commissionata dal movimento ed effettuata dalla Princeton Survey Research. Lo studio ha dimostrato come ben il 74 per cento degli americani sia insoddisfatto di come vadano le cose nel proprio paese, registrando il dissenso piu’ alto degli ultimi 13 anni. Oltre l’80 per cento degli intervistati, inoltre, non ha avuto dubbi nel sostenere che il proprio paese si sia polarizzato attorno ai partiti Repubblicano e Democratico e che Washington non sembri fare molti progressi per risolvere i problemi nazionali. Ma soprattutto il 73 per cento è d’accordo nel sostenere che sarebbe una buona idea per gli Stati Uniti quella di avere più scelte nelle elezioni presidenziali del 2008 che non siano limitati a quelle proposte dai due partiti esistenti. Unity08 non vuole proporsi all’elettorato americano come un terzo partito. Al contrario vuole dare una scossa a quelli già esistenti, facendo da microfono ai milioni di cittadini che spingono verso un ritorno a posizioni più centriste della politica americana.
© Confronto
La strana coppia sull'asse Usa-Venezuela
di Giulia Francesca Panciera
Il curioso legame d’affari tra Joseph Kennedy II ed il vulcanico presidente venezuelano Hugo Chavez. Un rapporto inconsueto finalizzato a fornire gasolio alle famiglie con basso reddito durante i mesi invernali. “Sono Joe Kennedy. Gli aiuti stanno arrivando”, dice il rampollo alle tv americane e su youtube. E piovono le critiche.
Lui ha un nome, anzi un cognome, che non passa di certo inosservato nella politica Americana: Joseph P. Kennedy II. L’altro ne ha uno che sembra essere il perfetto sinonimo di antiamericanismo: Hugo Chavez. Il primo e’ il fondatore e presidente di una compagnia no profit che si chiama Citizens Energy Corporation, oltre ad essere stato membro del Congresso americano per diversi anni. Il secondo è il presidente socialista del Venezuela, amico e fervido sostenitore della politica di Fidel Castro e del leader iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Soprattutto è de iure a capo della Citgo, azienda petrolifera sussidiaria della statale Petróleos de Venezuela S A.
La Citizens Energy Corporation, da anni ed attraverso un progetto chiamato “Oil heat Program”, fornisce a prezzo scontato combustibile per il riscaldamento domestico nei mesi invernali in alcune aree degli Stati Uniti. Quest’anno l’azienda ha deciso di avvalersi della collaborazione della Citgo che si e’ resa disponibile nell’offrire, ad un prezzo scontatissimo rispetto a quello di mercato, milioni di litri di combustibile. Grazie a questo accordo, quindi, i cittadini rientranti nei parametri previsti potranno acquistare fino a fino a duecento galloni di gasolio –l’equivalente di circa 750 litri - ad un prezzo scontato del 40 per cento.
“Sono Joe Kennedy. Gli aiuti stanno arrivando”, dice Kennedy nella pubblicità che promuove l’iniziativa sottolineando come questo sia possibile “grazie ai nostri amici della Citgo in Venezuela”. Lo spot, in onda su alcuni canali televisivi americani e reperibile on line su youtube, e’ stato oggetto di numerose critiche. L’ultima, in ordine cronologico, si è manifestata con uno scambio epistolare non propriamente cordiale con Connie Mack, congressman Repubblicano eletto in Florida.
Mack chiede a Kennedy di smettere di mandare in onda una pubblicità che dipinge Chavez, “un comunista auto-dichiarato che governa il popolo venezuelano con il pugno del ferro di un dittatore”, come un uomo che sta servendo una giusta causa. Il congressman chiede inoltre a Kennedy la ragione per la quale abbia deciso di lasciarsi usare come PR per il regime di Chavez. Il quale, da parte sua, proprio nel giorno di San Valentino da Caracas dichiarava: “La mia cara amica Condoleezza dice che sto distruggendo l’economia venezuelana”. Per poi mollare le solite bordate come: “Morte all’impero”, oppure: “Non saremo dominati. Abbiamo deciso di essere liberi”.
© Confronto
Il curioso legame d’affari tra Joseph Kennedy II ed il vulcanico presidente venezuelano Hugo Chavez. Un rapporto inconsueto finalizzato a fornire gasolio alle famiglie con basso reddito durante i mesi invernali. “Sono Joe Kennedy. Gli aiuti stanno arrivando”, dice il rampollo alle tv americane e su youtube. E piovono le critiche.
Lui ha un nome, anzi un cognome, che non passa di certo inosservato nella politica Americana: Joseph P. Kennedy II. L’altro ne ha uno che sembra essere il perfetto sinonimo di antiamericanismo: Hugo Chavez. Il primo e’ il fondatore e presidente di una compagnia no profit che si chiama Citizens Energy Corporation, oltre ad essere stato membro del Congresso americano per diversi anni. Il secondo è il presidente socialista del Venezuela, amico e fervido sostenitore della politica di Fidel Castro e del leader iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Soprattutto è de iure a capo della Citgo, azienda petrolifera sussidiaria della statale Petróleos de Venezuela S A.
La Citizens Energy Corporation, da anni ed attraverso un progetto chiamato “Oil heat Program”, fornisce a prezzo scontato combustibile per il riscaldamento domestico nei mesi invernali in alcune aree degli Stati Uniti. Quest’anno l’azienda ha deciso di avvalersi della collaborazione della Citgo che si e’ resa disponibile nell’offrire, ad un prezzo scontatissimo rispetto a quello di mercato, milioni di litri di combustibile. Grazie a questo accordo, quindi, i cittadini rientranti nei parametri previsti potranno acquistare fino a fino a duecento galloni di gasolio –l’equivalente di circa 750 litri - ad un prezzo scontato del 40 per cento.
“Sono Joe Kennedy. Gli aiuti stanno arrivando”, dice Kennedy nella pubblicità che promuove l’iniziativa sottolineando come questo sia possibile “grazie ai nostri amici della Citgo in Venezuela”. Lo spot, in onda su alcuni canali televisivi americani e reperibile on line su youtube, e’ stato oggetto di numerose critiche. L’ultima, in ordine cronologico, si è manifestata con uno scambio epistolare non propriamente cordiale con Connie Mack, congressman Repubblicano eletto in Florida.
Mack chiede a Kennedy di smettere di mandare in onda una pubblicità che dipinge Chavez, “un comunista auto-dichiarato che governa il popolo venezuelano con il pugno del ferro di un dittatore”, come un uomo che sta servendo una giusta causa. Il congressman chiede inoltre a Kennedy la ragione per la quale abbia deciso di lasciarsi usare come PR per il regime di Chavez. Il quale, da parte sua, proprio nel giorno di San Valentino da Caracas dichiarava: “La mia cara amica Condoleezza dice che sto distruggendo l’economia venezuelana”. Per poi mollare le solite bordate come: “Morte all’impero”, oppure: “Non saremo dominati. Abbiamo deciso di essere liberi”.
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