Friday, June 29, 2007

Oops, Jimmy Carter did it again!

Come ( e se ) rispondera' Howard Dean alla letterina inviata dalla Republican Jewish Coalition e firmata da sei ex ambasciatori degli Stati Uniti, nella quale viene pregato vivamente di rimuovere Jimmy Carter dalla carica di presidente onorario dei democratici "abroad"?
La lettera viene in risposta alle recenti dichiarazioni di Carter che, tra le altre cose, avrebbe bollato il rifiuto degli Stati Uniti di accettare la vittoria di Hamas nel 2006 come “criminale".

Ps. Per chi non avesse familiarita' con le sparate di Jimmy Carter o per chi avesse voglia di (ri)perdere 5 minuti, qui l'intervista a Der Spiegel dello scorso anno.

Monday, June 25, 2007

Gay Pride a NY: l'importante è provocare la Chiesa

La decisione del sindaco Michael Bloomberg di unirsi al Gay Pride newyorkese di ieri a corteo iniziato (ma soprattutto solo una volta oltrepassata la Cattedrale di St. Patrick) ha scatenato un putiferio di polemiche. Insomma, poco importa che Bloomberg sia da sempre a favore dei matrimoni omosessuali e che abbia camminato a lungo, in testa al corteo, sventolando la bandierina arcobaleno. Che il sindaco di New York abbia voluto dare un colpo al cerchio (sfilando) e uno alla botte (rispettando i cattolici) è vero. Ma a leggere commenti come questo sembra proprio che il vero scopo del Gay Pride fosse provocare apertamente la Chiesa Cattolica.

Saturday, June 23, 2007

"Sicko"? Sucks!

"Sicko", l'ultima produzione cinematografica di quel "Big, fat, stupid white man" di Michael Moore, uscirà il 29 giugno nei cinema americani. La nuova fatica del regista non si limita solo raccontare - o meglio sputtanare - l'intero sistema sanitario americano, ma va ben oltre, proponendo una soluzione ai problemi della sanità americana. Come? Eliminando le assicurazioni private e rimpiazzandole con un massiccio programma federale. Roba da far commuovere il nostro presidente della Camera. E mentre Bertinotti ritaglia una foto di Micheal Moore e se la mette nel portafogli, i democratici (quelli che al tempo di "Fahrenheit 9/11" portavano il regista in palmo di mano) fanno orecchie da mercante. Hillary Clinton, Barack Obama e John Edwards sono stati letteralmente massacrati durante la proiezione in anteprima di Sicko a Washington. Commentando i loro programmi alla voce "sanità", Moore avrebbe detto che il programma di Hillary non è chiaro, quello di Edwards non va bene perché prevederebbe l’investimento di denaro pubblico in aziende private e quello di Obama non sarebbe abbastanza specifico.

La provocazione più grande arriva quando Moore vola a Cuba insieme a malati che, ovviamente, vengono curati e che, altrettanto ovviamente, ricevono un trattamento migliore di quello offerto dalle strutture americane. Insomma, nel paese dove notoriamente, grazie alla magnanimità di Fidel Castro, le persone non hanno neanche le lacrime per piangere, il sistema sanitario funziona alla perfezione. Cliniche a cinque stelle, dotate di apparecchiature all'avanguardia, dove tutti i malati del mondo vorrebbero farsi curare.

Che la sanità negli Stati Uniti possa essere migliorata è un dato di fatto, ma da questo a dire, come fa Moore, che il sistema sanitario cubano sia migliore di quello americano, è un'affermazione che rasenta il ridicolo. Per fortuna gli americani sono meno stupidi e creduloni di quanto Mr. Sicko pensi. Infatti, alla domanda "chi, tra Stati Uniti e Cuba, offre il servizio sanitario migliore?" hanno risposto così.

Friday, June 22, 2007

Rudy Giuliani vs Fidel Castro

Il Rudy Giuliani che tutti noi amiamo.
«I find it particularly disturbing when American politicians and Hollywood people embrace Fidel Castro. I don’t know if they understand they are embracing a murderer, a dictator, a man who has been horrible to gays and lesbians, particularly focused on homosexuals», he said during a brief session with reporters. «He had a whole campaign to basically, I would call it torture gays and lesbians. I don’t get it when the Hollywood people kind of embrace him».
Hat Tip: Bruce Bawer

Wednesday, June 20, 2007

Mr. Bloomberg scende dall'Elefante

Il sindaco di New York Michael Bloomberg ha lasciato il partito Repubblicano e si è dichiarato indipendente. Che sia questa la premessa per una sua eventuale candidatura alla presidenza della Casa Bianca? Lui dice di no, ma è probabile si tratti solo di pretattica. Una cosa è certa: il sindaco della Grande Mela ha viaggiato molto negli ultimi mesi al di là dei confini dei suoi “boroughs”, criticando apertamente il modus operandi della politica di Washington. Per Bloomberg, infatti, i temi e le questioni affrontati da Repubblicani e Democratici non sarebbero legati ad esigenze reali, ma avrebbero un sapore meramente “politico” , generando conseguenze che il primo cittadino di New York non ha paura a definire “disastrose” per gli americani.

Michael Bloomberg ha, dalla sua parte, vantaggi che pochissimi altri candidati nelle file indipendenti potrebbero avere. Non ha bisogno di pubblicità o presentazioni, poiché rimane uno degli uomini d’affari più conosciuti al mondo. L’essere sindaco, per ben due volte, della città più grande degli Stati Uniti non lo farebbe annoverare tra i neofiti della politica. Ma, soprattutto, l’immenso patrimonio del quale dispone (stimato in 5,3 miliardi di dollari) gli permetterebbe di entrare nella corsa alla nomination anche all’ultimo momento. Già lo scorso dicembre infatti, aveva fatto sapere che stanziare un budget di 500 milioni di dollari per una sua eventuale corsa alla Casa Bianca non sarebbe stato un problema.

Nonostante i candidati indipendenti nelle elezioni americane abbiano riscosso un discreto successo (Ross Perot raggiunse il 19% nelle presidenziali del 1992 e l’8% nel 1996), le chance di vittoria per un candidato slegato dai partiti sono poche. Il malumore e l’insoddisfazione che si registrano tra gli iscritti ad entrambi i partiti poi (soprattutto per la guerra in Iraq) non sembra preludere in alcun modo a uno spostamento di voti significativo verso un candidato indipendente.

La decisione di Bloomberg di lasciare il partito Repubblicano farà comunque tirare un sospiro di sollievo agli ultra conservatori, in perenne contrasto con il sindaco di New York che, ricordiamolo, si è sempre detto favorevole ad aborto, matrimoni tra omosessuali, ricerca sulle cellule staminali e controllo sulle armi da fuoco.

Monday, June 18, 2007

Tutta colpa degli inglesi!

Da oggi “se qualcuno si facesse esplodere una bomba addosso, avrebbe tutte le ragioni per farlo”. Parola di Mohammed Ijaz ul-Haq, ministro degli Affari Religiosi del Pakistan, che ha così commentato la risoluzione votata dal governo del suo paese per protestare contro l’investitura a “Sir” di Salman Rushdie.
L’autore de “I Versetti Satanici” (contro il quale l’Ayatollah Khomeini aveva emesso nel 1989 una fatwa ordinandone l'assassinio, perché la sua opera insultava l’Islam) è stato investito del prestigioso titolo di "baronetto" per meriti letterari, in occasione del compleanno della Regina Elisabetta.
Quando si dice: tutta colpa degli inglesi!

Sunday, June 17, 2007

Friday, June 15, 2007

Quando al Qaeda incontra Animal House


Storia di due sfigati che aderiscono ad al Qaeda per le famose 72 vergini. Una piccola boccata di sano umorismo politicamente scorretto che arriva, ancora una volta, da National Lampoon (Animal House, per capirci) con questo divertentissimo trailer.

Buona visione...

Hat tip: ¡NO PASÁRAN!

Wednesday, June 13, 2007

Fred Thompson? He's in

Il candidato conservatore che prima non c’era, adesso c’è. Non lo ha ancora annunciato ufficialmente (questione di giorni, fanno sapere dal suo entourage), ma dopo aver comunicato ai produttori di "Law and Order" di voler lasciare il fortunatissimo serial televisivo per dedicarsi ad "altro", e aver creato quello che in gergo si chiama "testing the waters committee”, Fred Thompson, repubblicano, notissimo attore ed ex senatore del Tennessee, si è inserito di prepotenza nella corsa alla nomination per la Casa Bianca. Sa di potercela fare, e non nasconde più le sue intenzioni: partecipando all’ultima puntata del “The tonight show” di Jay Leno, Thompson ha ammesso il suo desiderio di voler “fare quelle cose che solo un presidente puo’ fare”.

Quanto piace Thompson all'elettorato repubblicano? Molto. Anzi, moltissimo. Tanto da proiettarlo in vetta alla classifica dei consensi in pochissimo tempo, dicono i sondaggi. In particolare, uno – recentissimo - realizzato da Rasmussen Reports lo colloca al primo posto insieme a Giuliani nel gradimento degli elettori del “grand old party”. Non solo. Il sondaggio evidenzia che il 59% degli elettori repubblicani è pronto ad accogliere positivamente il nuovo candidato, e che il 42% di loro considera Thompson "politically conservative". Dato interessante, se si pensa che la percentuale si dimezza per il capolista Giuliani. Le ragioni vanno cercate in uno dei temi più sentiti dall'elettorato repubblicano: l'aborto. Thompson, infatti, e' un "pro-life" (cioè un difensore della vita sin dal concepimento) mentre Giuliani e' – da sempre - un "pro-choice" (cioè a favore del diritto della madre di scegliere di abortire).

E’ Thompson a rappresentare quella boccata di aria conservatrice della quale il partito repubblicano sembra avere un gran bisogno? E’ presto per dirlo, ma i segnali ci sono tutti. E la sua agenda ha tutte le caratteristiche per piacere a quegli elettori repubblicani (e sono tanti) che non riescono a vedere in Giuliani e McCain il loro candidato ideale.

TASSE. Dalle pagine del Wall Street Journal Thompson dice chiaramente che livelli di tassazione minori si traducono in maggiori investimenti. Il suo indice è puntato contro chi, con i maggiori introiti fiscali, vorrebbe solo curare il proprio orticello politico aumentando la spesa pubblica.

IMMIGRAZIONE. Contrarissimo alla legge recentemente presentata, ritenuta da molti elettori conservatori una sanatoria mascherata, Thompson sostiene che il governo debba dimostrare agli americani di aver rafforzato efficacemente la sicurezza ai confini.

MEDIO ORIENTE. Sulla National Review Thompson ha denunciato il rischio rappresentato dal programma nucleare iraniano e ha difeso il sacrosanto diritto di Israele a proteggersi dai lanci di razzi palestinesi.

GLOBAL WARMING. Dal suo show “The Fred Thompson Report”, in onda su Abc radionetwork, ha liquidato con una battuta le smanie degli ecologisti sull’effetto serra. “E’ colpa di tutti gli industriali (alieni), che guidano Suv, stanno sempre con l’aria condizionata accesa e non riciclano, se anche Marte e Giove, che non hanno firmato il protocollo di Kyoto, si stanno surriscaldando?”.

IRAQ. Abbandonare la missione in Iraq adesso, sostiene Thompson, sarebbe un errore e darebbe ai sunniti la possibilità di riorganizzarsi e, seguendo l’esempio iraniano, di pensare al nucleare.

Sondaggi a parte, una cosa e’ sicura: di un rivale come lui, Giuliani e McCain avrebbero fatto volentieri a meno.

Monday, June 11, 2007

A scuola di Islam nel centro di Brooklyn

di Giulia Francesca Panciera

Il dipartimento per l’educazione di New York propone l’apertura di una scuola pubblica dedicata esclusivamente all’insegnamento della lingua e della cultura araba. Ma la “Khalil Gibran International Academy" ha già diviso l’opinione pubblica sul concetto di istruzione pubblica e sul rischio di un insegnamento troppo “islamizzato”.

La “Khalil Gibran International Academy" è uno degli istituti accolti nel progetto di riforma del sistema scolastico newyorkese, avviato dal sindaco Bloomberg e dal titolare del dipartimento dell’istruzione Joel Klein.

La scuola, che prende il nome da un poeta e scrittore libanese, aprirà le sue classi il prossimo autunno a Brooklyn. Il curriculum dell’istituto sarà concentrato sullo studio della lingua e della cultura araba (islam incluso), anche se teoricamente l’accesso sarà aperto anche a studenti di origine non araba.

Il progetto è stato accolto con apparente entusiasmo pure dalla Anti Defamation League (l’organizzazione non-profit dedicata da più di 90 anni alla lotta contro l’antisemitismo) e potrà ricevere finanziamenti anche da associazioni esterne, come quello annunciato dalla Fondazione di Bill e Melinda Gates.

Nonostante le rassicurazioni del Dipartimento dell’Educazione newyorkese, che garantisce come “la scuola non sarà veicolo di ideologia politica”, le perplessità sono molto forti. Daniel Pipes, storico, giornalista e direttore del Middle East Forum, pone l’accento sul rischio di una islamizzazione degli studenti.

Preoccupazioni rese credibili dal fatto che buona parte dei rappresentanti nel consiglio della scuola, come la stessa direttrice Dhabah ‘Debbie’ Almontaser, siano religiosi musulmani e abbiano strettissime connessioni con istituzioni religiose o con associazioni controverse, come il Cair (Council on American-Islamic Relations), criticato per essere troppo vicino a gruppi estremisti islamici.

La stessa idea di un istituto completamente finanziato dai contribuenti, che sia focalizzato sull’insegnamento della lingua e della cultura araba, stride con il concetto di istruzione pubblica americana, da sempre – e sensatamente - orientato ad un’educazione priva di particolari “preferenze” nei confronti della moltitudine di razze, lingue e culture presenti negli Stati Uniti.

Nonostante la collocazione definitiva della “Khalil Gibran International Academy" sia ancora incerta, non rimane che fidarsi delle parole del titolare del dipartimento dell’Educazione della città di New York, Joel Klein, che promette di chiudere immediatamente l’istituto qualora dovesse trasformarsi in una scuola dai connotati religiosi o politici.

© Confronto

Friday, June 8, 2007

Bush in Italia e la retorica dei comunisti

La visita del Presidente Bush in Italia sarà caratterizzata, anche questa volta, dall’ennesima dimostrazione di come, in certi ambienti, libertà e democrazia abbiano un sapore molto soggettivo. Parte della sinistra italiana scenderà in piazza, insieme all’amalgama dai mille nomi comunemente chiamata no global (che più global di così si muore), per dire “basta alla guerra”. Fantastico: una lezione di democrazia e pacifismo sponsorizzata da violenti e comunisti. Sembra una barzelletta. Soffrono di amnesia e schizofrenia. Dimenticano che gli Stati Uniti sono la nazione che nella libertà ha basato la sua esistenza, ma inneggiano a Cuba e plaudono alla Cina comunista, dove gli oppositori al regime vengono imprigionati, torturati e ammazzati. Nei momenti di massima eccitazione sono pronti a tirare fuori dalla tasca un accendino e dare fuoco a qualche bandiera e se a bruciare poi ce ne fosse una con la stella di David, avrebbero la bava alla bocca come Cujo. Ed ecco che Bush viene paragonato a Hitler. Israele alla Germania nazista, ma tendono a giustificare chi si mette una cintura di tritolo e si fa saltar per aria. E se a morire è qualche ebreo, le comunità virtuali degli aficionados delle osterie modello “sbirro morto” si animano di faccente sorridenti. Dicono “no alla guerra”, ma scompaiono se si parla dell’Iran di Ahmadinejad. Il Darfur? Non sanno cosa sia. Il Venezuela di Chavez? Troppo lontano.
In piazza i paladini della ‘A cerchiata’ sono duri e puri contro questo e contro quello, ma vis-á-vis mettono gli ideali nelle tasche dei pantaloni - e se li calano - quando il comune compra un centro sociale (Venezia docet), paga le bollette e i vizietti con il tanto vituperato denaro pubblico.
Sbraitano, si arrampicano sui tetti con un’agilità che non avranno mai dimostrato in un minuto di educazione fisica alle superiori, creano gli slogan e le rime più variopinte e mostrano un’energia che se impiegassero al lavoro farebbero dell’Italia il paese più produttivo del mondo. Berlusconi ha ragione a dire “mi vergogno” e non è sicuramente il solo ad esserlo. Parliamoci chiaro: nessuno mette in discussione il diritto a manifestare, ci mancherebbe altro. La libertà di espressione e di pensiero sono il succo delle democrazia. Ma queste sono qualcosa di diverso. Sono uno schiaffo alla pazienza e un insulto al senso civico che dovrebbe regnare sovrano nei paesi democratici come il diritto alla libertà di espressione. Quest’ultimo invece, si traduce in questa occasione –e in tutte le altre - in libertà di distruzione. In libertà di limitare la libertà e la sicurezza altrui per il gusto e il bisogno di sfogare istinti repressi. Se così non fosse non ci sarebbe la necessità di chiudere le scuole, di impiegare migliaia di agenti o di pregare i cittadini americani in visita a Roma di cambiare aria e stare lontani dai cortei. Se così non fosse i muri romani rimarrebbero puliti, i cassonetti starebbero al loro posto, le vetrine dei negozi intatte e gli unici ad essere felici sarebbero gli alimentari e i tabaccai, che tra cartine, sigarette, panini e birre svolterebbero la giornata. Ovvio, a pancia piena tutto si fa meglio, anche le manifestazioni.