Anno 2000. Giuliano Amato è presidente del Consiglio. Dal pulpito di un convegno a Frascati promette tolleranza zero: "Dobbiamo rispondere alla domanda di sicurezza. Dobbiamo saperci dimostrare inflessibili contro la criminalità. (...) Tutte le questure italiane, se vogliono conservare i loro questori, devono adottare una linea di non tolleranza".
Oggi, sette anni dopo. Giuliano Amato è ministro dell'Interno. Con una lettera al Corriere della Sera promette agli italiani: "Serve una lotta all'illegalità a 360 gradi, così come fece Rudolph Giuliani, da sindaco di New York."
Cambiano gli anni e gli incarichi. Quello che non cambia è il risultato della tolleranza zero versione Giuliano Amato: zero. E se non ha fatto nulla come premier, non si vede perché mai dovrebbe riuscire a combinare qualcosa come semplice ministro.
Post scriptum. Sulla tolleranza zero versione Giuliano Amato please check A Conservative Mind out!
Thursday, August 30, 2007
Tuesday, August 28, 2007
Lavavetri e pasionarie fiorentine
L’ordinanza del sindaco di Firenze sui lavavetri merita un applauso. Se non altro per la consapevolezza, da parte di chi l'ha voluta, del putiferio che avrebbe scatenato.
Non essendoci cosa peggiore, per un politico di sinistra, che l'essere apostrofato come qualcuno che fa “cose di destra”, possiamo solo immaginare lo stato d’animo dell’assessore Cioni, costretto a spiegare a chi gli aveva gia’ messo un fez in testa, un concetto semplicissimo: la tutela del cittadino non e' una prerogativa di destra o di sinistra, ma semplicemente il compito di un buon amministratore.
Compito che, nel caso specifico, appare difficilissimo. Lo conferma il fatto che chi dovrebbe conoscere molto bene la situazione fiorentina, come i consiglieri comunali, accusa la giunta di essere ricorsa a “provvedimenti ingiusti e lesivi della dignità umana” oppure che l'ordinanza rischi di indurre gli ex lavavetri “ad azioni altrettanto fastidiose o addirittura illegali per procurarsi di che vivere”.
Curioso che affermazioni come queste arrivino proprio da due compagne, che pare ignorino (volutamente?) un punto fondamentale dell’ordinanza. Dove si legge infatti che “si sono verificati molteplici episodi di molestie soprattutto agli incroci semaforizzati e che ciò configura pericolo di conflitto sociale per i numerosi alterchi verificatisi, in particolare nei confronti delle donne sole”.
Sembra quasi che per le due consigliere insulti e molestie a semaforo rosso siano le cose piu' normali del mondo. Talmente normali da preoccuparsi di piu' se il provvedimento piace al vice sindaco aennino di Milano, piuttosto che pensare alla sicurezza delle fiorentine al volante.
Non essendoci cosa peggiore, per un politico di sinistra, che l'essere apostrofato come qualcuno che fa “cose di destra”, possiamo solo immaginare lo stato d’animo dell’assessore Cioni, costretto a spiegare a chi gli aveva gia’ messo un fez in testa, un concetto semplicissimo: la tutela del cittadino non e' una prerogativa di destra o di sinistra, ma semplicemente il compito di un buon amministratore.
Compito che, nel caso specifico, appare difficilissimo. Lo conferma il fatto che chi dovrebbe conoscere molto bene la situazione fiorentina, come i consiglieri comunali, accusa la giunta di essere ricorsa a “provvedimenti ingiusti e lesivi della dignità umana” oppure che l'ordinanza rischi di indurre gli ex lavavetri “ad azioni altrettanto fastidiose o addirittura illegali per procurarsi di che vivere”.
Curioso che affermazioni come queste arrivino proprio da due compagne, che pare ignorino (volutamente?) un punto fondamentale dell’ordinanza. Dove si legge infatti che “si sono verificati molteplici episodi di molestie soprattutto agli incroci semaforizzati e che ciò configura pericolo di conflitto sociale per i numerosi alterchi verificatisi, in particolare nei confronti delle donne sole”.
Sembra quasi che per le due consigliere insulti e molestie a semaforo rosso siano le cose piu' normali del mondo. Talmente normali da preoccuparsi di piu' se il provvedimento piace al vice sindaco aennino di Milano, piuttosto che pensare alla sicurezza delle fiorentine al volante.
Monday, August 27, 2007
Il "modello Italia" conquista la stampa Usa
La stampa liberal inizia a fare i conti con l'efficienza del governo Prodi. Il New York Times, molto perplesso, in un recente articolo sull'immigrazione ha fatto sapere ai suoi lettori che il ministero dell'Interno italiano «non ha potuto fornire statistiche precise perché il personale autorizzato a parlare con la stampa era in vacanza». Qui se ne stupiscono, e magari si stupiscono pure perché in Italia nessuno si lamenta di simili assenze. Non sanno che il peggio di solito accade a settembre, quando il governo torna al lavoro.
Thursday, August 23, 2007
L'inciviltà della Saudi Airlines e le parole al vento di D'Alema
Nel marzo del 2006 Massimo D’Alema, a margine di un convegno sulla societa’ multiculturale, sosteneva di non avere dubbi sul fatto di dover “rivendicare che in tutti i paesi ci sia la liberta' religiosa”. Ora, da ministro degli Esteri, potrebbe fare una telefonata a Sua Eccellenza Mohammed Ibrahim I. Al Jarallah, ambasciatore in Italia del Regno dell'Arabia Saudita, per chiedere lumi su una piccola regola della Saudi Airlines.
Il sito ufficiale della compagnia aerea saudita, alla voce “Customs Regulation”, recita che, per ragioni religiose e leggi locali, le linee aeree di Riyadh vietano di introdurre nel regno, e quindi sui loro apparecchi, "oggetti e articoli che appartengono a religioni" diverse da quella mussulmana. Questi oggetti "possono includere Bibbie, crocifissi, statue, sculture, oggetti con simboli religiosi come la stella di David e altri".
Sul sito italiano dell’ambasciata pero’, tra le restrizioni per chi viaggia in Arabia Saudita, leggiamo solo che “sono proibiti alcol, narcotici, armi, munizioni, carne suina e materiale pornografico” e che “Makkah e Madinah sono luoghi di particolare significato religioso e solo persone di fede islamica vi possono accedere”.
In attesa di capire quale tra i due siti sia il piu’ aggiornato (il sospetto e’ che in via Raimondi qualcuno sia in ferie), qui si e’ pienamente d’accordo con quanto si legge sul New York Sun. Daniel Pipes lancia infatti una sensatissima provocazione: impedire alla Saudi Airlines di fare rotta nei 18 aeroporti europei in cui fa scalo, nel Nord America e in Giappone, almeno fino a quando non verrà cambiata la regola doganale che discrimina e offende i fedeli di altre religioni.
L'idea di Pipes si basa su quel criterio di reciprocità che dovrebbe valere tra tutti i paesi civili. L'Arabia Saudita, non potendo permettersi di essere esclusa da queste rotte, tantomeno di rischiare l'isolamento applicando una sorta di embargo alle compagnie aeree occidentali, a questo punto potrebbe valutare di compiere un passo indietro e adottare regole più civili. Aprendo uno spiraglio a quella liberta' di culto che il nostro ministro degli Esteri, almeno a parole, un tempo difendeva.
Il sito ufficiale della compagnia aerea saudita, alla voce “Customs Regulation”, recita che, per ragioni religiose e leggi locali, le linee aeree di Riyadh vietano di introdurre nel regno, e quindi sui loro apparecchi, "oggetti e articoli che appartengono a religioni" diverse da quella mussulmana. Questi oggetti "possono includere Bibbie, crocifissi, statue, sculture, oggetti con simboli religiosi come la stella di David e altri".
Sul sito italiano dell’ambasciata pero’, tra le restrizioni per chi viaggia in Arabia Saudita, leggiamo solo che “sono proibiti alcol, narcotici, armi, munizioni, carne suina e materiale pornografico” e che “Makkah e Madinah sono luoghi di particolare significato religioso e solo persone di fede islamica vi possono accedere”.
In attesa di capire quale tra i due siti sia il piu’ aggiornato (il sospetto e’ che in via Raimondi qualcuno sia in ferie), qui si e’ pienamente d’accordo con quanto si legge sul New York Sun. Daniel Pipes lancia infatti una sensatissima provocazione: impedire alla Saudi Airlines di fare rotta nei 18 aeroporti europei in cui fa scalo, nel Nord America e in Giappone, almeno fino a quando non verrà cambiata la regola doganale che discrimina e offende i fedeli di altre religioni.
L'idea di Pipes si basa su quel criterio di reciprocità che dovrebbe valere tra tutti i paesi civili. L'Arabia Saudita, non potendo permettersi di essere esclusa da queste rotte, tantomeno di rischiare l'isolamento applicando una sorta di embargo alle compagnie aeree occidentali, a questo punto potrebbe valutare di compiere un passo indietro e adottare regole più civili. Aprendo uno spiraglio a quella liberta' di culto che il nostro ministro degli Esteri, almeno a parole, un tempo difendeva.
Tuesday, August 21, 2007
Intifada NYC
Inneggiare apertamente alla violenza islamica a New York? Tutto è possibile. Arab Women Active in Art and Media è l'associazione che ha avuto la brillante idea di creare le simpatiche t-shirts "Intifada New York City" che potete ammirare qui sopra. Abituati come siamo a vedere ben di peggio, l' exploit creativo di questa organizzazione potrebbe quasi passare inosservato. Piccolo particolare, difficilmente trascurabile, il commento che "Debbie" Almontaser (ormai ex preside della scuola pubblica di Brooklyn dedicata all'insegnamento della cultura e della lingua araba) ha candidamente rilasciato: "Credo non sia altro che un modo per le ragazze di esprimere la propria appartenenza nella società newyorkese... e liberarsi dall'oppressione".
Se pochissimi hanno capito da che sorta di "oppressione" debbano liberarsi queste ragazze (siamo a New York), in molti, sindaco Bloomberg compreso, hanno accolto con un sospiro di sollievo le dimissioni della signora Almontaser da direttrice della Khalil Gibran International Academy. Una scuola che sta assumendo, sempre di più, le sembianze di una madrassa a spese dei contribuenti.
P.S: la storia della metamorfosi che accompagna la Khalil Gibran International Academy può essere seguita dalle pagine del New York Sun, dal sito di Daniel Pipes e qui.
Se pochissimi hanno capito da che sorta di "oppressione" debbano liberarsi queste ragazze (siamo a New York), in molti, sindaco Bloomberg compreso, hanno accolto con un sospiro di sollievo le dimissioni della signora Almontaser da direttrice della Khalil Gibran International Academy. Una scuola che sta assumendo, sempre di più, le sembianze di una madrassa a spese dei contribuenti.
P.S: la storia della metamorfosi che accompagna la Khalil Gibran International Academy può essere seguita dalle pagine del New York Sun, dal sito di Daniel Pipes e qui.
Friday, August 17, 2007
Allah per Dio?! No, grazie
Sara' l'eta' o forse lo stress da prepensionamento, ma la sparata del Vescovo cattolico di Breda, Tiny Muskens, ha dell'incredibile. "Allah è una parola molto bella per 'Dio'. Non dovremmo, d'ora in poi, chiamarLo 'Allah'? A Dio non interessa come Lo si chiami" ha affermato il prelato olandese durante una trasmissione televisiva.
A supporto della sua stravagante proposta, il Vescovo ha ricordato i suoi anni trascorsi in Indonesia, dove nelle chiese cattoliche Dio viene appunto chiamato Allah.
Ma essendo Breda ancora parte di quella monarchia parlamentare chiamata Olanda, dove la lingua ufficiale, fino a prova contraria, e' l'olandese e non l'arabo: non sarebbe piu' corretto chiamare Allah, olandescamente parlando, 'God'?
Allah for God?! No, Thank's
It might be his age or some manifestation of preretirement stress, but the words of the Catholic Bishop of Breda, Holland, Tiny Musken, are hard to believe. “Allah is a very beautiful word for God. Shouldn’t we all say that from now on we will call God Allah? God doesn’t care what we call Him”. So asserted the Dutch prelate during a recent television program.
To support his outlandish proposal, the Bishop recalled his years serving in Indonesia where Catholic churches referred to God as "Allah".
However, as Breda remains (until further notice) part of the parliamentary democracy known as Holland, whose official language remains (until further notice) Dutch and not Arabic, wouldn’t it be more correct, using the Bishop's example, to refer to "Allah" as “God” in Holland?
A supporto della sua stravagante proposta, il Vescovo ha ricordato i suoi anni trascorsi in Indonesia, dove nelle chiese cattoliche Dio viene appunto chiamato Allah.
Ma essendo Breda ancora parte di quella monarchia parlamentare chiamata Olanda, dove la lingua ufficiale, fino a prova contraria, e' l'olandese e non l'arabo: non sarebbe piu' corretto chiamare Allah, olandescamente parlando, 'God'?
Allah for God?! No, Thank's
It might be his age or some manifestation of preretirement stress, but the words of the Catholic Bishop of Breda, Holland, Tiny Musken, are hard to believe. “Allah is a very beautiful word for God. Shouldn’t we all say that from now on we will call God Allah? God doesn’t care what we call Him”. So asserted the Dutch prelate during a recent television program.
To support his outlandish proposal, the Bishop recalled his years serving in Indonesia where Catholic churches referred to God as "Allah".
However, as Breda remains (until further notice) part of the parliamentary democracy known as Holland, whose official language remains (until further notice) Dutch and not Arabic, wouldn’t it be more correct, using the Bishop's example, to refer to "Allah" as “God” in Holland?
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